«Ho conosciuto Stefano Fava perché Sebastiano Ardita mi chiese di intervenire a un incontro che riguardava, mi pare, le elezioni dell’Anm locale. Io non ero entusiasta, avevo tante cose da fare ma accettai. Fava in quell’occasione parlò di doglianze sull’allora capo Giuseppe Pignatone ma non mi accennò di un esposto. È abbastanza frequente che i magistrati si lamentino dei loro capi, lui ne parlò in termini generici». A dirlo l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo sentito come testimone nel corso del processo nato dal filone di inchiesta della procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, sulle rivelazioni che vede imputati l’ex magistrato Luca Palamara e l’ex pm di Roma Stefano Rocco Fava, ora giudice civile a Latina. «Quello che escludo assolutamente è che mi abbia potuto parlare di un esposto contro Ielo: conosco Paolo Ielo da trent’anni come un pm integerrimo e - ha detto Davigo rispondendo alle domande del pm Mario Formisano - sarei saltato dalla sedia se mi avessero detto una cosa così. Ho lavorato con Ielo e lo ribadisco è un magistrato assolutamente integerrimo». «Io all’inizio avevo un ottimo rapporto con Ardita, siamo stati eletti insieme al Csm, non avevo motivi di astio, ho anche scritto un libro con lui. Poi i rapporti si sono deteriorati. E dopo tutta una serie di vicende sono arrivato anche a ipotizzare che Ardita mi fosse stato mandato dietro da Cosimo Ferri» ha proseguito Piercarmillo Davigo, imputato a Brescia con l'accusa di aver fatto circolare abusivamente i verbali dell'ex legale dell'Eni, Piero Amara, relativamemte alla presunta "Loggia Ungheria". «Ci sono stati una serie di episodi ma all’inizio non diedi peso a certi suoi comportamenti - ha raccontato Davigo in aula - Una volta una collega della procura di Roma Nadia Plastina venne al Csm e passò a salutarmi e Ardita, molto agitato, venne a chiedermi come mai lei era lì e aggiunse "lei è alla procura di Roma" e io non capii cosa volesse intendere. Poi ci fu la pubblicazione delle intercettazioni dell’Hotel Champagne e gli chiesi se c’era qualcosa che non sapevo. Ebbi una discussione energica perchè lui si chiuse nel suo ufficio per due o tre giorni con l’allora consigliere Lepre, che poi si dimise, e gli feci notare che era inopportuno dopo quello che era stato pubblicato perchè poteva essere chiamato in correità». Dopo quello che era emerso con la vicenda dell’Hotel Champagne «per quanto riguarda il candidato alla procura di Roma optai per Michele Prestipino, che aveva lavorato in Sicilia contro la mafia, in Calabria contro la ’ndrangheta e a Roma coordinando la Dda mentre Ardita insisteva perché io votassi per Viola: lui si rifiutò di votare Prestipino in plenum e mi fornì ragioni false - ha spiegato Davigo - dicendo che non lo avrebbe votato perchè Prestipino era un aggiunto e non un procuratore e a quel punto gli feci notare che solo qualche tempo prima lui stesso aveva votato un aggiunto come procuratore per un altro ufficio. Io dissi che la risposta che mi aveva dato non era vera e da lì si chiusero i nostri rapporti personali. Ancora di più alla luce di quanto emergeva sul suo nome in relazione alla vicenda sulla presunta Loggia Ungheria» ha concluso Davigo. «Non sapevo che Stefano Fava avesse rapporti con Luca Palamara, lo vedevo su posizioni diverse. Questo rapporto lo scoprii sui giornali e mi sorprese», ha dunque affermato Sebastiano Ardita, sentito come testimone nel corso del processo. Nella sua testimonianza in aula, Ardita ha ricostruito che dopo la pubblicazione delle notizie sull’hotel Champagne «Lepre venne da me con gli occhi rossi e lo ascoltai. Cosa avrei dovuto fare? Avere un atteggiamento di disprezzo nei suoi confronti? Aveva già perso la sua battaglia». Sul rapporto con l’ex componente del Csm Piercamillo Davigo, Ardita ha spiegato che «si è interrotto per ragioni molteplici partite dal riposizionamento dopo la vicenda dell’Hotel Champagne. Lui mi ha negato il saluto dopo una riunione in cui ho detto che non potevo votare per Michele Prestipino, che lui aveva deciso invece di appoggiare». Interpellato sui suoi rapporti con Cosimo Ferri, Ardita ha detto davanti ai giudici di Perugia «con lui ho parlato l’ultima volta nel 2013». Su quanto dichiarato da Davigo nella deposizione di questa mattina e su rapporti con Ferri, il consigliere del Csm ha detto: «Riascolterò la registrazione con le dichiarazioni e nel caso proseguirò nelle sedi opportune. Davigo cerca di difendersi come può, è imputato di un reato infamante per un magistrato». Interpellato sui rapporti con la stampa, ha spiegato di conoscere «molto bene il giornalista Marco Lillo che mi chiamò il giorno prima della pubblicazione della notizia dell’esposto, dicendomi che dalla procura di Roma usciva questa informazione e mi chiese una conferma e io gli risposi che non potevo dire nulla». (adnkronos)