«Il 35 per cento delle separazioni giudiziali e dei procedimenti sui minorenni contiene violenza, ma essa viene negata nelle aule giudiziarie. È anche per questo che le donne non denunciano. Un marito violento non può essere un buon padre, deve passare questo principio. Possiamo cambiare la cultura imperante attraverso tanta formazione e credendo alle donne». A dirlo è la senatrice del Pd e presidente della Commissione Femminicidio Valeria Valente, che venerdì scorso ha presentato al Senato la relazione dal titolo “La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale”.

Un documento importante, che ha richiesto due anni di lavoro e che ha restituito un quadro drammatico: madri e figli finiscono per essere vittime due volte, prima dei mariti/ padri violenti e poi delle aule giudiziarie. Il 34,7% delle cause giudiziali di separazione con affido presenta indicazioni di violenza domestica, così come il 34,1% dei procedimenti minorili sulla genitorialità. Fenomeni per lo più «invisibili» perché non riconosciuti dagli operatori nel corso dei processi. Dalla relazione emerge dunque un quadro chiaro di violenza negata e quindi di vittimizzazione secondaria delle donne che la subiscono e dei loro figli da parte delle istituzioni, che portano ad esiti anche gravi, come l’allontanamento dei figli dalle madri che hanno denunciato e/ o subito violenza e/ o l’affidamento dei figli ai padri maltrattanti.

«Una delle proposte avanzate dalla Commissione - ha sottolineato Valente - è di istituire una commissione di inchiesta interministeriale, che coinvolga i dicasteri della Giustizia, della Famiglia e della Sanità per capire come stanno i figli sottratti alle madri. Credo che lo dobbiamo a tutte quelle mamme che, pur avendo spesso denunciato violenza domestica, si sono viste sottrarre il figlio o la figlia con la forza, con provvedimenti spesso transitori e quindi non impugnabili, che però poi durano anni». All’evento hanno preso parte, tra gli altri, il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato e la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Secondo cui «non ci può essere spazio per teorie destituite di fondamento scientifico come la Pas» nei procedimenti di affido di minori nelle separazioni conflittuali, come ha anche «stabilito con una recente sentenza la Cassazione».

Cartabia ha sottolineato la necessità di un profondo cambiamento culturale e di formazione specifica per tutti gli operatori che si occupano di violenza di genere e minori. «Tra le situazioni più gravi ai miei occhi, puntualmente riportate nella relazione, vi è quello delle donne che, per il fatto di aver subito violenza, vengono considerate “cattive madri”, madri inadeguate. Madri che, oltre ad aver subito violenza, vengono allontanate anche dai figli che - in questa lettura - non sarebbero state in grado di proteggere. I 1500 casi esaminati da questo documento mostrano che non di rado le donne che denunciano e si separano dal compagno violento subiscono anche queste conseguenze. E i figli con loro. Occorre, anzitutto, dare un nome alle cose, e questa relazione lo fa, ad esempio quando scandisce con chiarezza che “la violenza assistita è da considerare anch'essa violenza sui minorenni”».

Ma il problema, ha evidenziato la ministra, dipende anche dalle condizioni in cui lavorano i giudici, spesso non facili «per il sovraccarico e per il moltiplicarsi di questi casi portati alla loro attenzione». Il presidente della Consulta ha invece posto l’accento sulla bigenitorialità, da non ritenere necessariamente «un ideale» : «Che accordo è quello fra due persone una delle quali continua ad esercitare violenza, sia pure non estrema, sull'altra? - ha sottolineato Amato - E perché la bigenitorialità è sempre meglio? Perché sempre? Perché anche quando il bambino ha paura del padre e non lo vuole vedere?».

Secondo il presidente della Consulta, occorre, nelle cause di separazione conflittuale con affido dei minori, «sfuggire al giudizio schiavo del “presentismo”», improntato al raggiungimento di un accordo ad ogni costo, e guardare anche agli elementi che possono gettare un'ombra sulla prognosi dei comportamenti futuri del genitore violento. Ma le norme non bastano, ha aggiunto: «Dobbiamo puntare sulla scuola che abbiamo ed è lì che in nostri ragazzi devono imparare a cogestire il mondo insieme alle donne e ad avere rapporti equilibrati con loro».