«Temo non funzionerà». Le voci delle toghe da nord a sud si rincorrono e nessuno vuole esporsi più di tanto. Ma laria che tira è chiara: in pochi credono che lo sciopero proclamato per lunedì dallAssociazione nazionale magistrati contro la riforma del Csm possa avere percentuali tali da poter essere definito un successo. Anzi, il timore (o lauspicio, a seconda dei casi) è proprio quello opposto: che tutto possa ridursi ad un flop. E ciò non solo per la disaffezione alle logiche associazionistiche generate dallaffaire Palamara: dietro le strategie che regolano adesioni e defezioni, oltre allideologia, cè anche il prossimo rinnovo del Csm, per il quale le correnti - riforma o meno - giocheranno come sempre un ruolo di primo piano. E proprio per tale motivo, anche nella scelta di aderire o meno allo sciopero giocherà un ruolo, almeno in parte, la logica correntizia. Lultimo ad esporsi pubblicamente, ieri, è stato il procuratore aggiunto di Roma Antonello Racanelli, ex segretario generale di Magistratura indipendente. «Pur avendo un giudizio critico sulla riforma Cartabia, che considero inutile perché non incide sulle degenerazioni del correntismo e dannosa perché mette a rischio il disegno costituzionale della magistratura senza migliorare lefficienza del sistema giustizia - ha dichiarato -, non aderirò allo sciopero proclamato dallAssociazione nazionale magistrati perché lo reputo inopportuno ed inutile». Il magistrato romano non ha voluto dire di più rispetto alla sua posizione. Ma le voci, allinterno della procura di Roma, si moltiplicano di ora in ora. Se da un lato la protesta sembra aver fatto presa sui sostituti più giovani, alcuni anche molto noti come il pm Giovanni Musarò, dallaltro cè chi raccogliendo confidenze davanti alla macchinetta del caffè arriva a ipotizzare che tra coloro che andranno regolarmente in ufficio lunedì ci saranno anche altri aggiunti, «gente esposta dal punto di vista mediatico», tra i quali Paolo Ielo e Rodolfo Maria Sabelli. Questultimo, che è anche un ex presidente dellAnm, non conferma né smentisce: dalla fine del suo mandato, infatti, ha sempre evitato di intervenire su temi associativi. Ma sarebbe il secondo ex numero uno del sindacato delle toghe a mancare lappuntamento con la protesta, dopo louting di Pasquale Grasso, che ha reso pubblica la sua decisione di non aderire definendo «poco utile» e anzi «dannoso» lo sciopero contro una riforma che comunque considera «pessima».Il clima è teso. Le giunte distrettuali, nel tentativo di compattare la base, hanno organizzato nella giornata di lunedì diversi dibattiti sul tema. Da Catanzaro a Roma, passando per Reggio Calabria e fino a Milano, i membri dellAnm si sono divisi il compito di discutere della riforma ora ferma al Senato, coinvolgendo anche i membri dellavvocatura. Ma anche questo, agli occhi di alcuni, appare come un segnale di debolezza. «Credo che lo sciopero non avrà un grande successo - dichiara una toga di primo piano della magistratura italiana -. Negli ultimi giorni ho visto una chiamata alle armi da parte di alcuni gruppi organizzati, che evidentemente temono un flop e stanno facendo un richiamo allunità associativa. Questo dimostra un timore di fondo, ma è difficile fare previsioni. Però appare un azzardo una protesta del genere in un momento come questo, in cui cè unopinione pubblica non favorevole nei nostri confronti. Non credo che si raggiungeranno le percentuali della protesta contro la legge Castelli». Negli uffici principali del Paese le toghe hanno deciso di riflettere fino allultimo secondo. «Al momento il dato sembrerebbe essere alquanto basso - spiega un alto dirigente di una delle principali procure italiane -. E risultano anche contrasti tra colleghi che prima si sono schierati e poi sono entrati in conflitto con il proprio gruppo. Ciò che è pacifico è che non cè unità e in molti scioperano con il solo scopo di non rompere il fronte. Non mi pare ci sia grande condivisione dello strumento, pur magari condividendo le ragioni. Tutti sono convinti che in alcuni punti la riforma sia totalmente sbagliata, ma lo sciopero in un momento come questo lascia perplessi molti magistrati».Ad esporsi maggiormente sono i magistrati dissidenti di Articolo 101 eletti al Comitato direttivo centrale dell'Anm, che in un documento hanno ribadito «la loro netta e assoluta contrarietà alla riforma» del Csm, che «avrebbe richiesto ben altre forme e modalità di protesta. Ci pare che altrettanta contrarietà - sottolineano - non emerga dalla posizione delle correnti, che, dopo essersi dette contrarie a parole, nei fatti hanno poi indetto una protesta tardiva, blanda e non adeguatamente pubblicizzata». Lo sciopero di lunedì, dunque, agli occhi dei 101 «sembra fatto apposta per tener buoni gli iscritti all'Anm, senza però disturbare troppo la classe politica nel corso dell'iter di approvazione. La cosa non stupisce, dal momento che tale riforma rafforza il correntismo ed accentua quella gerarchizzazione che del correntismo rappresenta per l'appunto la causa». Proprio in ragione di tale ambiguità - si legge in una nota - alcuni di noi hanno ritenuto di non aderire allo sciopero, mentre altri vi parteciperanno. Sono infatti emersi da un lato l'esigenza di non avallare il collateralismo fra le correnti e la classe politica, che richiederebbe una netta presa di distanza da un deliberato frutto dei soliti accordi fra correnti, dall'altro quello di manifestare comunque anche all'esterno tale dissenso. Tutti, però abbiamo la consapevolezza della gravità del problema e della assoluta necessità di una ben più profonda ed incisiva azione sindacale di contrasto al progetto di legge, della quale l'associazione di categoria dovrebbe farsi portabandiera»