Chi sperava che a tre giorni dallo sciopero dell'Anm la ministra Cartabia lanciasse un messaggio durante il suo intervento di ieri all'Accademia dei Lincei intitolato "Il futuro della giustizia. Note a margine di una stagione di riforme" è rimasto deluso. La lunga riflessione della Guardasigilli si è concentrata sulla tragedia di Sofocle Antigone. Si è chiesta cosa sia la giustizia, se la dura legge del re Creonte o il gesto eroico della donna promessa sposa di suo figlio Emone. La risposta è «non lo sappiamo dire». Da lì una rilettura, in base alle ultime interpretazioni degli studiosi, della figura di Creonte, con accenni anche all'attualità e al suo operato al ministero di via Arenula. «Creonte ha la responsabilità di governare la città, di far prevalere l'interesse comune - ha sottolineato la professoressa Cartabia mettendo enfasi sulla parola comune - . Vorremmo - si è chiesta - essere noi governati da chi dispone eccezioni alle regole generali per interessi particolari? Chi è al Governo ha l'ingrata responsabilità di dover preservare la polis, di proteggerla dall'anarchia, di guardare all'interesse di tutti». Stava forse rivendicando il suo duro lavoro di mediazione tra le istanze individuali degli eterogenei partiti di maggioranza? «Luciano Violante - ha proseguito la ministra - in un piccolo volume "Insegna Creonte" ragiona proprio sulla figura di Creonte per fare un affondo sui più comuni errori che si commettono in politica. Ne ricordo alcuni: aprire i conflitti che non si sanno governare, sicché il conflitto diviene un dissidio insanabile; sopravvalutare le proprie capacità e sottovalutare quelle dell'avversario; e soprattutto l'incapacità ad ascoltare l'altro, a comprendere le ragioni dell'altro. E questo è un punto che mi sta particolarmente a cuore e che si salda con il primo: il conflitto che diventa dissidio». Difficile dire se si stesse riferendo allo scontro istituzionale tra potere legislativo e potere giudiziario in atto in questi giorni sul terreno della riforma del Csm o al dialogo con il Parlamento. «Mai come oggi - ha aggiunto guardando dentro e oltre i nostri confini - ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di imparare a ricomporre i conflitti, a governare il disaccordo. Dopotutto governare la giustizia è governare il disaccordo. Come ha scritto Paul Ricoeur, "la democrazia non è un regime politico senza conflitti ma un regime in cui i conflitti sono aperti e negoziabili"». Ha poi concluso il suo intervento parlando di giustizia riparativa «che mi sta particolarmente a cuore e che a mio parere contiene la vera novità del sistema: messa a sistema nelle delega penale, si sta lavorando ora per creare delle strutture perché possa divenire un modo ordinario con cui accompagnare la nostra giustizia penale. La definizione più sintetica e più suggestiva della giustizia riparativa è a mio parere "la giustizia dell'incontro", dove l'incontro è tra tutti i soggetti coinvolti. Crea ambiti in cui il reo responsabile del reato può incontrare la vittima, ma anche la comunità interessata insieme ad un mediatore, sempre e solo se liberalmente accolto». Chissà se la ministra ha visto la bellissima mini seria trasmessa dalla Bbc "The victim": è la storia di una madre ancora in lutto per la perdita del figlio, ucciso ormai 14 anni prima da un ragazzino poco più grande di lui, che finisce sotto processo con laccusa di incitamento allomicidio verso l'assassino di suo figlio. Si ritroveranno uno dinanzi all'altro separati da un mediatore per cercare di perdonarsi a vicenda. La serie termina con una bellissima frase del poeta Rumi: «Al di là delle idee di male e di giusto c'è un campo: ti incontrerò lì».