È lunico leader europeo che, pur appoggiando senza esitazioni la resistenza ucraina e le sanzioni economiche per Mosca, ha contatti costanti con Vladimir Putin. Lunico che si è apertamente smarcato dalla linea muscolare di Nato Stati Uniti e Gran Bretagna. «Non si può ottenere la pace umiliando la Russia!», ha esclamato agli alleati per fermare lescalation. Con il capo del Cremlino i rapporti sono «complicati» e le lunghe telefonate «molto faticose», come ammette lui stesso, ma il filo, sottilissimo, del dialogo non ha alcuna intenzione di tagliarlo come vorrebbero per contro Joe Biden e Boris Johnson. Con luscita di scena di Angela Merkel il francese Emmanuel Macron è diventato la guida indiscussa dellEuropa, la sua voce più autorevole, lunica risicata alternativa a unUnione cuscinetto degli interessi strategici anglo-americani da una parte e oggetto dei continui sabotaggi del gruppo Visegrad dallaltra. Certo la Francia è con la Germania la locomotiva del Vecchio continente, ha una forza militare importante ed è una potenza nucleare, logico che in tempi di guerra conti molto di più di Paesi come lItalia o la Spagna. Però in questo drammatico passaggio Parigi non sta coltivando il suo orticello nazionale, non sta provando a scavalcare gli alleati o a renderli subalterni, si assume invece la responsabilità di parlare a nome degli europei, di provare a costruire uno spazio strategico e diplomatico indipendente. E Macron è il solo capo di Stato o di governo ad avere capacità di iniziativa e credibilità per portare avanti la terza via. Il cancelliere Scholtz è sprovvisto del carisma e dell'esperienza necessari, mentre Mario Draghi è unautorità nel campo delleconomia ma di fronte a una crisi militare come quella odierna, la sua voce conta molto meno. Chi lavrebbe mai detto che il giovane ex banchiere della Rotschild, il rampollo delle élite liberal-liberiste, sarebbe diventato il punto di riferimento della politica comunitaria? Le premesse in realtà cerano tutte se si osserva la sua irresistibile ascesa. In appena cinque anni Macron ha infatti rivoltato dalla testa ai piedi il panorama politico doltralpe, ha fondato un partito, La République en marche, che oggi è il primo di Francia e che si è divorato i due principali protagonisti della scena del dopoguerra: i socialisti e i post-gollisti. Li ha semplicemente resi inutili, assorbendone lelettorato. E convogliando gli scontenti verso le ali estreme, la destra sovranista e razzistoide di Marine Le Pen e la sinistra radicale di Jean luc Mélenchon. Le centre cest moi. In uno schema simile potrebbe governare in eterno. Macron è anche il più europeista tra i presidenti della Quinta Repubblica, ancor più di François Mitterrand che con il tedesco Helmut Kohl ha disegnato lattuale architettura dellUe. Una posizione non evidente per una nazione riottosa nel suo Dna, che coltiva da sempre il particolarismo e la grandeur e che è attraversata da un forte sentimento nazionalista anche tra le fila della gauche, Ma linquilino dellEliseo non si è presentato un amministratore dello status quo, o un petulante pappagallo della Commissione di Bruxelles, al contrario sa bene che lUnione così comè è destinata allo spappolamento, che non può rimanere soffocata dalla burocrazia, dal monetarismo, dai suoi asfittici trattati e allo stesso tempo ostaggio dei veti che ne paralizzano lazione. Lo ha ribadito al parlamento di Strasburgo in un discorso tra i più importanti della sua presidenza in cui ha lanciato la proposta di una «confederazione» degli Stati europei (riprendendo una vecchia idea di Mitterrand) che possa includere nazioni esterne allUe sulla base di un progetto politico comune. Nessuno sa se vincerà questa scommessa, ma di certo è il solo ad aver puntato tutte le fiches sullavvenire dellEuropa.