«Dopo quello è successo, mi riferisco al cosiddetto caso Palamara, penso che sia mancata una effettiva autocritica da parte di noi magistrati. Così facendo abbiamo prestato il fianco a coloro che ritengono l’ordine giudiziario una casta autoreferenziale che agisce solo per interessi corporativi» .

Gaetano Bono, sostituto alla Procura di Siracusa ed esponente di Magistratura indipendente, aveva presentato sabato scorso all’ assemblea dell’Anm una mozione per chiedere che si soprassedesse sullo sciopero. «Io avevo chiesto ai colleghi di tentare un’ultima mediazione con le forze politiche. Una mediazione che doveva essere caratterizza da spirito collaborativo in modo da vedere apportati, prima delle definitiva approvazione, alcuni emendamenti al testo della legge di riforma», spiega Bono al Dubbio, ricordando che «la senatrice della Lega Giulia Bongiorno, intervenendo al dibattito, aveva detto chiaramente che in Parlamento ci sono forze politiche disponibili ad apportare modifiche in senso migliorativo».

La mozione, però, è stata ritirata e l’assemblea ha quindi votato per una giornata di astensione dalle udienze. «Purtroppo», prosegue il pm siciliano, «la magistratura sta sbagliando e sta difendendo lo status quo, come se andasse tutto bene, e senza avanzare delle proposte di riforma che tengano conto delle proprie responsabilità: ed in questo contesto si pretende pure di essere ascoltati dal legislatore». Eppure i temi su cui ragionare sarebbero tanti. «Ci sono molte cose che vanno cambiate, ma se si continua a dire no a tutto, la conseguenza è quella di perdere credibilità come interlocutori, e anche le critiche giuste vengono poi ignorate», continua Bono, che resta perplesso sullo sciopero e aveva invitato i colleghi a togliere «quest’alibi al legislatore e a non farsi prendere dalla sindrome di Fort Alamo». Ma quali potrebbero essere le riforme da mettere in atto per migliorare il funzionamento della macchina giudiziaria? «In Italia ci sono, soprattutto al Sud, Procure piccole con 4 o 5 sostituti, spesso di prima nomina e quindi con limitata esperienza. Perché non accorparle a livello di distretto? Il pm può andare a sostenere l’accusa davanti ai Tribunali che non andrebbero chiusi, ma le indagini verrebbero condotte a un livello territoriale più ampio. Ci sarebbe una maggiore possibilità di specializzare il lavoro di pubblici ministeri e polizia giudiziaria», aggiunge il magistrato.

«Io credo sia giunto anche il momento di una seria riflessione sulla separazione delle carriere, un argomento che la legge appena approvata non affronta e che non troverà risposta neppure se passasse il referendum del prossimo mese di giugno», continua Bono. «Si parla sempre di cultura della giurisdizione», prosegue, «per giustificare l’unicità delle carriere. Io temo che questa locuzione possa finire per risolversi in un vuoto simulacro: non siamo più nella situazione di vent’anni fa, quando la legge permetteva frequenti passaggi di funzione fra pm e giudici, l’osmosi era effettiva e si poteva apportare la propria esperienza requirente nella carriera giudicante e viceversa».

«Dopo le riforme degli anni 2006- 2008 che hanno messo dei paletti, i passaggi di funzione sono molto rari. Ecco perché la cultura della giurisdizione non deriva più da questo passaggio di funzioni. Proporrei di recuperarla partendo dall’attività formativa, che può essere fatta anche separando le carriere e in comune con gli avvocati, guardando all’esperienza tedesca. In quest’ottica, si potrebbe pensare a separare le carriere di giudici e pm, ma a una condizione: che il pm rimanga un organo giurisdizionale autonomo e indipendente, superando l’attuale tendenza negativa alla gerarchizzazione delle Procure. Respingo la critica di chi dice che separando le carriere il pm diventerà necessariamente un superpoliziotto o finisca comunque per essere sottoposto all’esecutivo: se si rendesse concreta la cultura della giurisdizione e si prevedesse un autonomo Csm, ciò non accadrebbe».

«Io ero e resto favore al sorteggio temperato. Anche il mio gruppo aveva fatto delle aperture al riguardo. E comunque serviva un meccanismo che permettesse anche candidature autonome, svincolate dalle correnti. Si parla sempre di Luca Palamara come il male assoluto, ma senza il sistema correntizio, Palamara non andava da nessuna parte», conclude Bono.