Giampaolo Brienza, già presidente del Coa di Potenza e attualmente consigliere del Cnf, è l’avvocato che con il collega Domenico Pittella ha conseguito davanti alla Corte costituzionale lo storico risultato sul cognome del nato. «Rappresenta – dice al Dubbio Brienza - una piccola rivoluzione. I genitori potranno finalmente scegliere il cognome della madre o del padre o di entrambi e, in mancanza di accordo, il nato avrà il cognome di entrambi».

Avvocato Brienza, la recente sentenza della Corte costituzionale è una vittoria di civiltà e un segno dei tempi?

L’importanza di quanto detto dalla Corte delle leggi è cruciale proprio per iniziare a garantire nuovi diritti chiari e precisi in cui il principio di uguaglianza, non discriminazione e tutela della famiglia, anche nelle sue più nuove e ampie forme, garantisca una reale tutela in uno stato di diritto, dove le libertà democratiche trovino la loro effettività. La legge è il filtro verso l’innovazione perché in una nuova società italiana, proiettata in ambito europeo ed internazionale, la modernità deve passare per il diritto, nel senso, direi, che questo deve dettare le regole per una giusta convivenza tra il passato, il presente ed il futuro. Il tutto per assicurare quell’esigenza di innovazione dettando però regole certe e chiare.

La Corte costituzionale parla di “nucleo familiare omogeneo”. La società patriarcale appartiene ormai al passato?

Nel nostro tempo parlare di società patriarcale potrebbe apparire ai più una definizione desueta. Tutt’altro. Il percorso per rendere effettiva la parità è ancora lungo e tortuoso e proprio la tutela della famiglia e della vita privata e familiare dei suoi componenti non è scontata. Ciò che è fondamentale rimarcare è che viviamo sempre più in una società in continua evoluzione in cui le nuove forme di famiglia sono molteplici e per questo la tutela non è sempre al passo con i tempi. In Italia il multiculturalismo viene visto, da un lato, come espressione più ampia di una società moderna, dall’altro, come ritorno al passato per alcune abitudini e stili di vita.

Quali sono state le difficoltà maggiori nell’affrontare il giudizio che ha portato poi alla pronuncia del giudice delle leggi?

In verità non si deve dimenticare che la maggiore difficoltà è stato il compito del collega Pittella che ha dovuto rappresentare ai giudici di merito le richieste dei coniugi e quindi il contrasto con le disposizioni della Costituzione, che, in ogni caso, conserva intatto il suo ruolo di presidio dei diritti del cittadino, della persona umana e ha di certo possibilità espansive per molti anni a venire, anche in considerazione della complessità sociale alle cui domande va data una risposta. La globalizzazione non ha segnato solo un mutamento nei rapporti industriali ed economici, ma anche nel mondo del diritto. Gli ordinamenti sono così sottoposti a un continuo processo di cambiamento. In ogni regolamentazione sono però i valori che dovrebbero generare il diritto, ma troppo spesso oggi si assiste a tecnicismi estranei al diritto. Il caso concreto portato all’attenzione della Consulta presenta delle peculiarità molto specifiche che non possono essere sottovalutate.

Il valore da tutelare in questo caso è il superiore interesse del minore oltre alla omogeneità familiare. Il caso investe anche altri aspetti quali la parità tra uomo e donna, la non discriminazione tra i coniugi, ma il punto cardine è il superiore interesse del minore che va tutelato con riguardo al rispetto della sua vita privata e familiare che non può e non deve essere discriminata. Far comprendere tanto ha rappresentato il compito più difficile dell’avvocato, il quale, attraverso quello che sa ed è capace di proporre, è interposto tra il singolo e lo Stato, cercando una via di intesa nella ricostruzione dinamica degli istituti rappresentando la premessa verso nuove mete. Comprendo che in questo momento storico l’Italia è avvinta da una pluralità di problematiche, ma ciò non toglie che, avendo un cittadino adito la giustizia nel pieno rispetto dei suoi diritti, l’istituzione deve e non può non dare risposta. Diversamente opinando ci ritroveremmo inerti e sordi di fronte alle istanze individuali, giuste o sbagliate che siano e ciò in uno Stato di diritto sarebbe certamente aberrante.

Quanto stabilito dalla Consulta sta già avendo effetti immediati nei Tribunali?

Ho appreso con viva soddisfazione che i Giudici di merito, e mi riferisco al Tribunale di Pesaro, hanno nella loro decisione espressamente richiamato e fatto riferimento al nuovo orientamento della Corte costituzionale, evincibile, seppur in maniera riassuntiva, dal comunicato a seguito della discussione del caso che i cittadini lucani hanno inteso porre all’attenzione dei giudici del Tribunale prima e della Corte d’Appello poi. Ad ogni buon conto quanto portato all’attenzione dei giudici lucani prima e innanzi alla Corte delle leggi poi, sul rinvio operato dalla Corte di Appello di Potenza, ha una portata più ampia rispetto alla richiamata decisione del Tribunale di Pesaro. La vicenda che ha occupato il Tribunale di Pesaro sembrerebbe aver riguardato la possibilità rectius la richiesta di una mamma che voleva aggiungere il proprio cognome a quello paterno già assegnato al minore. La novità risiede nella circostanza che con detto arresto il Tribunale ha ritenuto di iniziare a dare applicazione ai nuovi principii che in ogni caso dovranno essere positivizzati dal legislatore.