«La protesta delle toghe? Hanno paura di essere valutate per ciò che fanno e di perdere potere». Il deputato di Azione Enrico Costa è di certo uno dei “vincenti” della partita sulla riforma del Csm. Ed è proprio il suo emendamento sul fascicolo del magistrato a indignare più di ogni altra cosa i magistrati, pronti a scendere in piazza per difendersi da una riforma che considerano pericolosa e punitiva.

Onorevole, qual è il giudizio complessivo sulla riforma?

Complessivamente fa registrare alcuni passi avanti, ma alcuni ambiti non sono stati toccati, perché una maggioranza così ampia non ha consentito di affrontarli in modo energico.

Secondo il deputato Cosimo Ferri rischia di agevolare le correnti. È così?

Secondo Italia Viva una diversa legge elettorale avrebbe contribuito a cancellare l’influenza delle correnti. Penso invece che con qualunque sistema, anche col sorteggio, le correnti si sarebbero organizzate per far sentire la loro influenza. Per ridurne il potere è necessario stabilire dei meccanismi oggettivi di valutazione, tali da togliere dalle mani dei gruppi associati la vita del magistrato, lasciandola alla meritocrazia. Perché con valutazioni oggettive le correnti non possono fare delle forzature e far sì che il meno bravo, solo perché organico, superi il più bravo. Oggi c’è un appiattimento di giudizio: per il 99% dei magistrati è positivo, perché non ci sono gli elementi per giudicare, una sorta di “automatismo politico”, che fa avanzare tutti. Ma se le cose stanno così, quando si devono fare delle scelte decidono le correnti, in modo insindacabile: ad andare avanti non sarà il magistrato più bravo, ma magari quello più mediatico. Le cose cambiano graduando il giudizio.

Come?

Servono degli elementi per analizzare la vita professionale di ciascuna toga. E questo è il fascicolo del magistrato, previsto dal mio emendamento. Un elemento che prima non c’era, checché se ne dica. Attualmente, tutto si basa sull’autorelazione dei magistrati, poi ci sono le verifiche a campione, che sono parziali, non esaustive e non chiariscono un bel niente. Grazie alla graduazione del giudizio, invece, farà carriera solo chi merita. Contro ciò le correnti si sono scatenate e c’è un pressing sul governo e sui partiti per cambiare ancora la norma, quindi dovremo difendere questa conquista: il percorso è ancora lungo.

È molto probabile che l’Anm proclami lo sciopero. Come interpreta questa protesta?

Credo che dipenda dal fatto che questa riforma fa perdere loro potere. Non avrebbero fatto uno sciopero per la legge elettorale, sicuramente.

Però i magistrati sostengono che questo fascicolo produrrebbe un sostanziale adeguamento delle sentenze all’orientamento prevalente.

Il punto è che se un magistrato vede il 70- 80% delle proprie sentenze ribaltate in appello allora non è semplicemente un incompreso e non è così innovativo come crede. Non ragioniamo su numeri bassi, ma su gravi anomalie, sulla cui base, magari, si tengono delle persone sulla graticola per anni. Se i voti li diamo sulla base del marketing giudiziario, sulle conferenze stampa e su come vengono presentate le inchieste, allora è troppo comodo. Andiamo anche a vedere, poi, come vanno le inchieste e se ci sono delle violazioni del principio di presunzione d’innocenza. Questo è il punto.

Il pg di Cassazione ha, a tal proposito, scritto una circolare molto critica.

Sembra fatta quasi per anestetizzare preventivamente le sanzioni disciplinari previste da questa legge. E inoltre accusa gli avvocati di creare il processo mediatico. Ma non è possibile che se una legge non piace alla magistratura la cosa si risolva dandone un’interpretazione che la stravolge completamente. Il legislatore ha stabilito delle norme in maniera puntuale e adesso stabilirà delle sanzioni disciplinari molto chiare. Non è possibile che chi deve vigilare sull’applicazione di questa norma dica che il suo giudizio è insindacabile.

Che risultato avrà la protesta dei magistrati?

Sarà un boomerang. Sono convinto che i magistrati che si sentono schiacciati dal sistema delle correnti, e sono tanti, non aderiranno allo sciopero. Ma sono anche sicuro che saranno i cittadini a non capire. Non si sciopera perché vengono compressi gli scatti stipendiali o perché si aumenta il carico di lavoro, ma solo perché si viene valutati per ciò che si fa.

Sarà un boomerang anche in vista delle prossime elezioni del Csm?

No, il contrario: queste levate di scudi hanno un sapore elettorale. Nessuno si è preoccupato di leggere la norma e valutare. Ma penso che soprattutto le associazioni di magistrati dovrebbero tutelare il merito e non l’appiattimento professionale.

Alcune parti della riforma non la convincono, ad esempio sui fuori ruolo. Perché?

Avevamo raggiunto un’intesa di buon senso con la ministra Cartabia, prevedendo di ridurre gli anni di fuori ruolo da 10 a sette anni: non si può passare un quarto della propria carriera così. Ci sono ovviamente delle eccezioni di buon senso, ma una manina della presidenza del Consiglio ha inserito tra le deroghe anche gli organi di governo. È evidente, allora, che la regola si applicherà al 5% dei fuori ruolo, mentre non varrà per il restante 95%. Non cambia niente.

La riforma ha dei profili che possono essere migliorati. Si potrà fare in aula?

Abbiamo fatto un accordo e c’è un testo approvato: noi con lealtà ci atterremo ad esso.

C’è il rischio di dover arrivare a porre la fiducia?

Alla Camera non penso. Spetterà alla responsabilità delle forze politiche, e anche alla regia del governo, mantenere questo testo. Ma se qualcuno pensa di fare il furbetto, facendo solo qualche modifica pro domo sua, si rischia di compromettere tutto.