Qualificare la fondazione Open come un’articolazione politica è stato un errore. A dirlo i giudici della Cassazione che lo scorso 18 febbraio hanno annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale del Riesame di Firenze e il decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla procura il 20 novembre 2019 nei confronti di Marco Carrai, nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Open.

Una decisione che arriva a pochi giorni dall’udienza preliminare del processo sulle presunte irregolarità nei finanziamenti - che vede tra gli indagati, oltre a Carrai, anche il senatore Matteo Renzi, la deputata Maria Elena Boschi, il deputato Pd Luca Lotti e l'avvocato Alberto Bianchi - e che assesta un colpo pazzesco alle accuse mosse dalla procura di Firenze, già “indebolita” dal voto al Senato, che ha stabilito la violazione dell’articolo 68 della Costituzione per via del sequestro «illegittimo» di mail, messaggi e perfino dell’estratto conto, ovvero senza previa richiesta di autorizzazione a Palazzo Madama.

Sul punto, ora, dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale, davanti alla quale è stato sollevato il conflitto di attribuzioni. Ma nel frattempo i giudici mettono in chiaro una cosa: «Il tribunale del Riesame di Firenze, nel qualificare la Fondazione Open», della quale Carrai era componente del consiglio direttivo, «quale “articolazione politico- organizzativa del Partito democratico” in ragione della funzione servente dalla stessa svolta in favore della corrente renziana», non ha «rispettato» i principi già affermati in precedenza dalla Cassazione, e, soprattutto, non ha «considerato compiutamente la disciplina dettata per le fondazioni politiche» dal dl 149/ 2013, «vigente all’epoca dei fatti», senza precisare «sotto quale profilo la concreta attività della Fondazione abbia esorbitato «l'ordinaria attività di una fondazione politica» e l'ambito dell'agire lecito» sancito dalle norme. Norme che riconoscono e consentono la raccolta di fondi da parte delle fondazioni e finanziamenti di iniziative in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, parlamentari o consiglieri regionali, «in misura superiore al 10% dei propri proventi di esercizio dell'anno precedente».

Il Riesame avrebbe dovuto dunque verificare se l’attività di Open fosse andata oltre l'ambito fisiologico della fondazione politica così come descritta dalla legge e solo successivamente «verificare se l'eventuale presenza di una attività distonica rispetto al modello legale consentisse di considerare la stessa quale “articolazione politico- organizzativa del Partito democratico (corrente renziana)”». Questa verifica, insomma, non ci sarebbe stata. Ciononostante, secondo i giudici del Riesame gli scopi statutari della Fondazione sarebbero stati «in qualche modo sviliti», in quanto l’unica vera attività sarebbe stata quella di finanziamento e supporto alle iniziative «concepite dalle personalità politiche di riferimento», anziché mettere in campo «autonome iniziative di natura politico- culturale».

Per la Cassazione, però, «la distinzione tra perseguimento di uno scopo politico e di un scopo partitico nell'attività della fondazione politica» si rivela «concettualmente esile» e sarebbe stata affermata dal Riesame «sulla base di argomenti che non rinvengono fondamento nella disciplina di legge». Ma non solo: il Riesame, pur affermando «la sussistenza del fumus del delitto valorizzando il dato probatorio del finanziamento percepito dalla Fondazione Open», non ne ha dimostrato «il carattere illecito», richiamando inoltre finanziamenti di privati o degli stessi parlamentari alla fondazione politica, «che, tuttavia, sono espressamente leciti».

Fondazione Open, parla l'avvocato di Marco Carrai

«La decisione della Cassazione non poteva che essere questa, perché avevamo ragione da vendere - ha dichiarato al Dubbio Massimo Dinoia, difensore di Carrai -. Open è una fondazione politica e sarebbe bastato andare a controllare la legge del 2013 per sapere come stanno le cose. Le fondazioni politiche hanno come propri membri personalità politiche di nomina politica e devono perseguire interessi politici. La seconda caratteristica è che devono (non possono), dare al partito di appartenenza o alla corrente che dir si voglia più del 10% di quanto hanno versato l’anno prima. Se versano tutto ciò che hanno in cassa si può dire che abbiano fatto il proprio dovere, se, invece, versano meno del 10% allora non si tratta più di fondazione politica. Insomma: non si tratta di una Spa neutra. E non sussiste neppure l'ipotesi astratta del delitto di illecito finanziamento di partito: la Fondazione Open ha sempre operato lecitamente per il raggiungimento dei suoi scopi statutari».