Proviamo per un momento a guardare oltre la polvere sollevata da missili e bombe che in questo momento terrorizzano noi e soprattutto le donne, gli uomini e i bambini ucraini. E proviamo, per quanto possibile, a parlare chiaro, a fotografare senza filtri emotivi la situazione. Partiamo dall’America, dall’attore che in questo mezzo secolo di storia ha fatto il gendarme del mondo, ha assicurato – non senza contraddizioni, certo – un lungo periodo di pace come mai era accaduto nell’insanguinata storia europea. Ecco, quell’America ha deciso di togliersi la spilla di sceriffo globale e attendere che le cose prendano il loro corso: “Nessun americano perderà la vita in Ucraina”, ha scandito più volte Biden. Almeno fino a che non saranno colpiti i suoi interessi diretti, aggiungiamo noi. Insomma, la verità è che l’America non ha mai smesso di considerare l'Ucraina un affare di Mosca, il loro cortile di casa. Si tratta di una visione vecchia, figlia del “metodo Kissinger” che però si muoveva entro lo spazio angusto della guerra fredda, del mondo diviso in due blocchi. Ma forse è lì che stiamo tornando. Va invece riconosciuta all’Europa la buona volontà di colpire Putin, di provare a fermare il suo sogno (o incubo) zarista. L'Europa, che fino a poche settimane fa era considerata e si considerava una “pura espressione geografica” nello scacchiere mondiale, ecco, quell’Europa ha messo in campo un arsenale di sanzioni impressionante, una scelta che lascia intravedere (come ha giustamente rilevato Alessandro Barbano sul nostro giornale) anche un nuovo rapporto tra economia, finanza e politica. Una relazione nuova in cui è la politica a guidare l’economia e non viceversa. Ma in questi ultimi giorni, in queste ore, anche l’Europa appare smarrita, incapace di trovare una via d’uscita dalla palude insanguinata nella quale ci ha trascinati Putin. Se da un lato è sinceramente impegnata a sventolare la bandiera della libertà e dell’autoderminazione dei popoli, dall'altro appare rassegnata all’idea che Putin, presto o tardi, avrà ciò che considera suo. E noi saremo qui a chiederci se avremmo potuto fare di più per fermare questo incubo che diventa realtà.