Non è bastato il licenziamento in tronco del maestro d'orchestra russo Valery Gergiev, cacciato dalla Scala di Milano e dalla Filarmonica di Monaco. La linea anti Putin che sta colpendo la cultura russa in Europa stava per raggiungere anche Fedor Dostoevskij. L’Università Bicocca di Milano aveva intenzione di annullare il corso che Paolo Nori avrebbe dovuto tenere nell’ateneo sull’autore russo. Salvo poi fare marcia indietro. Ad annunciarlo via instagram era stato lo stesso professore, autore nel 2021 del libro "Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fedor M. Dostoevskij": «Sono arrivato a casa e ho aperto il pc e ho letto una mail che arrivava dalla Bicocca. Diceva "Caro professore, stamattina il prorettore e la didattica mi hanno comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto è un momento di forte tensione». Poco dopo il dietrofront dell'Ateneo: il corso «si terrà nei giorni stabiliti» e coi «contenuti» già previsti, fa sapere l'Università. Che, si precisa, è «un ateneo aperto al dialogo e all’ascolto anche in questo periodo molto difficile che ci vede sgomenti davanti all’escalation del conflitto. Il corso dello scrittore Paolo Nori, si inserisce all’interno dei percorsi Bbetween writing, percorsi aperti agli studenti e alla cittadinanza che mirano a sviluppare competenze trasversali attraverso forme di scrittura. L’ateneo conferma che tale corsosi terrà nei giorni stabiliti e tratterà i contenuti già concordati con lo scrittore. Inoltre le rettrice dell’ateneo incontrerà Paolo Nori la prossima settimana per un momento di riflessione». «La rettrice della Bicocca, Giovanna Iannantuoni, che ho sentito al telefono, mi ha detto che le cose non stanno così, che non è stato cancellato nessun corso. Ma certamente qualcuno lì ha sbagliato. Ritengo sia un errore cancellare un corso del genere», commenta il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, criticato a sua volta per la decisione di interrompere la collaborazione della Scala con il maestro Gergiev.
 
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Il caso Netrebko

Giusto ieri sul web erano rimbalzate le parole della soprano Anna Netrebko, che sebbene abbia condannato il conflitto in Ucraina, ha fatto sapere che non intende salire sul palco della Scala di Milano il prossimo 4 marzo, quando doveva andare in scena con l’opera lirica di Francesco Cilea, Adriana Lecouvreur, in cartellone fino al 19. «Questo non è per me il momento di fare musica e di salire in palcoscenico. Ho quindi deciso per il momento di fare un passo indietro dai miei impegni artistici. È una decisione estremamente difficile per me ma so che il mio pubblico potrà capirla e rispettarla», ha annunciato sui social la Netrebko esprimendo indirettamente la sua solidarietà al maestro Gergiev. Tutto è iniziato il 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, quando il sindaco di Milano entrò a gamba tesa nella delicata vicenda, chiedendo a mezzo stampa al maestro Gergiev, considerato amico personale di Putin di dissociarsi. Subito dopo, anche il sovrintendete scaligero Dominique Meyer inviò un messaggio al direttore, che la sera prima aveva fatto roteare la sua bacchetta sul podio del Piermarini, per la prima della Dama di Picche riscuotendo notevole successo, tranne qualche ’buuh’ iniziale legato alla sua cittadinanza. E che poi era partito alla volta di New York dove avrebbe dovuto tenere tre concerti. Ma per timore delle proteste, addio maestro. Pochi minuti dopo l’aut aut della Scala, arrivò la notizia che Gergiev non avrebbe diretto i Wiener Philharmoniker nella tournée negli Usa, alla Carnagie Hall. Una catena inarrestabile di altolà. Una reazione a catena innescata dalla Scala che ha travolto Gergiev anche a Moncaco, dove il sindaco lo ha rimosso dall’incarico di direttore della Filarmonica. E a Edinburgo, dove il maestro ha anticipato i tempi, dimettendosi dalla carica di presidente onorario del Festival musicale. In tutto questo, da Gergiev nessuna notizia. Mai una risposta. Tanto che alla Scala spiegano di non avere ancora alcuna rinuncia ufficiale. Ma certo «a questo punto, è escluso che la collaborazione con la Scala prosegua» aveva detto un paio di giorni fa il sindaco Sala, mettendo una pietra tombale sull’ipotesi di un "ravvedimento" da parte del direttore. Gli strascichi in cui si è sfilacciata questa storia hanno coinvolto altri artisti, e non solo nel cast della Dama di Picche che è tutto russo a eccezione della Grigorian. A scendere in campo, è stata la superstar Anna Netrebko. Lei, che al Piermarini è di casa, fin dall’inizio aveva preso le distanze dal conflitto. Ma a sorpresa ieri l’escalation dei sentimenti deve aver preso il sopravvento. E su Instagram ha postato la foto di un articolo che ipotizzava un suo forfait alla Scala per indisposizione, scrivendo «sono in salute ma non vengo». Più chiaro di così. La star della lirica anche oggi ha ribadito la sua posizione in un post sui social, con una foto che la ritrae insieme a Gergiev. «Ho detto che sono contraria a questa insensata guerra di aggressione - si legge - e chiedo alla Russia di porre fine a questa guerra proprio ora per salvarci tutti. Abbiamo bisogno di pace». Poi una decisione ancora più forte: si ritira dalle scene «fino a nuovo avviso». La situazione è precipitata così rapidamente che anche in teatro lo stupore è grande. A quanto pare Netrebko non avrebbe gradito l’ultimatum al collega e amico Gergiev, considerando eccessiva la richiesta di dover prendere le distanze dal proprio paese.