Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini non vede il pericolo che il via alla campagna referendaria e gli interessi della campagna elettorale facciano saltare il processo delle riforme. «Sarà il Parlamento ad affrontare quei temi per i quali la Corte costituzionale ha ammesso i referendum» dice in un'intervista a Repubblica. «Da parte nostra, grande serenità di fronte ai referendum, un momento essenziale di coinvolgimento democratico dei cittadini» spiega. «A riforma già incardinata, il Parlamento nelle prossime settimane esaminerà i temi oggetto dei quesiti ammessi e credo che darà una risposta più sistematica e precisa di quella che può provenire dallo strumento referendario, ma cogliendone lo spirito» aggiunge. Sulla separazione delle funzioni, «la riforma Cartabia già li limita a due, ma nella pratica, i passaggi in carriera da pm a giudice o viceversa sono già poco frequenti» sottolinea. Anche l'eliminazione delle 25 firme per la candidatura al Csm è superata dalla riforma: «È un quesito, per così dire, già assorbito dal maxi emendamento del governo. Così come quello sul diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari». Invece quello sulla custodia cautelare «è un referendum che potrebbe condurre a risultati diversi da quelli che si dice di voler perseguire; si rischia di frustrare l'esigenza di impedire la reiterazione di reati anche molto gravi. E di non consentirne l'efficace repressione». Nel realizzare le riforme, secondo Ermini «bisogna assolutamente fare in tempo» per l'elezione del Csm: «Se non si riuscisse, sarebbe un fallimento per tutti. Il Consiglio dei ministri ha varato il testo all'unanimità, ora non c'è alcuna giustificata ragione per la quale la riforma, ferme restando eventuali modifiche che spettano solo al Parlamento, non debba arrivare in porto».