Di cella si muore. Il carcere continua a mietere vittime, detenuti ma anche agenti penitenziari. La parola chiave che va usata a distanza di un mese e mezzo dall’inizio dell’anno è “suicidio”. Ben 12 detenuti si sono tolti la vita, a questo si aggiunge il suicidio di un agente penitenziario in servizio presso il carcere di Sanremo è avvenuto lunedì scorso. È il secondo dall’inizio dell’anno.

L'ultimo dei suicidi venerdì sera a Regina Coeli

L’ultimo detenuto che si è tolto la vita è avvenuto venerdì sera nel carcere romano di Regina Coeli. Di origine marocchine, 24 anni, si è ammazzato inalando il gas della bomboletta comunemente usata per cucinare. In tutto questo, nonostante i proclami, la ministra della giustizia non ha fatto alcun intervento. Nemmeno un decreto legge, almeno per tamponare l’emergenza in attesa di una vera e propria riforma. L’escalation dei suicidi è un campanello di allarme. L’espressione “carcere”, oltre che dal latino, si pensa che derivi dall’ebraico carcar che vuol dire “tumulare”, “sotterrare”: i dati statistici sulle morti confermano che le galere assomigliano sempre di più a dei cimiteri, con tanto di cubicoli (le celle) che diventano luoghi ideali per togliersi la vita. Non di rado accade che finiscano “tumulate” persone non compatibili con il sistema penitenziario, o più semplicemente che hanno la possibilità, disattesa, di una misura alternativa. Ed è il garante nazionale delle persone private della libertà, a chiedere di porre subito rimedio a questa situazione. Ha lanciato un comunicato subito dopo che c’è stato il decimo suicidio commesso da giovane donna ristretta nel carcere di Messina: le era stato appena convalidato l’arresto in custodia cautelare.

Il Garante: ai suicidi si devono aggiungere quattro decessi classificati come “per cause ancora da accertare”

Il Garante ha sottolineato che ai suicidi si devono aggiungere quattro decessi classificati come “per cause ancora da accertare”. Sono numeri che non possono non allarmare e che evidenziano una netta crescita rispetto agli ultimi anni.Il Garante nazionale ha espresso forte preoccupazione per tale situazione e ribadisce l’urgenza di garantire alle persone detenute e al personale penitenziario chiamato a fare fronte a una situazione particolarmente difficile un più efficace supporto, sia in termini qualitativi che quantitativi. Le Istituzioni dello Stato, compreso il Garante nazionale, hanno il dovere di dare una risposta tempestiva alle esigenze specifiche e alle vulnerabilità delle persone private della libertà. «Per questo – ha sottolineato il garante - occorre con urgenza riavviare un dialogo produttivo sull’esecuzione penale detentiva per trovare soluzioni alle tante difficoltà che vivono le persone ristrette e chi negli Istituti penitenziari opera. Così come occorre trovare risposte effettive alla criticità dell’affollamento, situazione accentuata dalla pandemia». E ha concluso: «È solo a partire da tale ampio confronto che si può arrivare a trovare un percorso comune volto a ridurre le tensioni e a ridefinire un modello detentivo nel solco tracciato dalla Costituzione, dando così’ un segnale di svolta di cui il sistema penitenziario ha bisogno». Ma tutto è immobile. Dure le parole di Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, che parla di un sistema carcerario letteralmente allo sbando. «Ma – aggiunge De Fazio -, quel che è più grave, è abbandonato a se stesso dalla politica, dalla ministra della Giustizia e dal governo». Parla di una vera carneficina e lancia un allarme: «Se si continuasse con questa media, in un anno morirebbero ben oltre cento detenuti». Il sindacalista ammonisce: «Non è più il tempo di indugiare né delle passerelle, il governo vari immediatamente un decreto-legge per mettere in sicurezza le carceri, sia sotto il profilo di quella che è una vera e propria emergenza umanitaria, sia sotto l’aspetto della tenuta dell’intero sistema, il quale vede gli operatori di Polizia penitenziaria patire aggressioni alla media di oltre cento al mese, ormai allo stremo, e impossibilitati ad assolvere al proprio ruolo, come dimostrato anche dai suicidi. Servono, altresì, interventi urgentissimi per migliorare le strutture e le infrastrutture, ma soprattutto per potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, mancanti di 18mila unità, e fornire gli equipaggiamenti». Secondo De Fazio, parallelamente, il Parlamento dovrebbe approvare un decreto legislativo per delegare una riforma complessiva dell’esecuzione penale, che reingegnerizzi il carcere e riorganizzi compiutamente il Corpo di polizia penitenziaria. «Non ce ne voglia nessuno, ma tutto questo, almeno per noi, – conclude De Fazio – sembra ancora più importante e urgente della carriera dei magistrati».

Rita Bernardini ha ripreso lo sciopero della fame

Eppure, come ha promesso la ministra Cartabia, da gennaio il Governo si sarebbe messo in moto per intervenire sul sistema penitenziario. Anche alla luce della relazione elaborata dalla Commissione Ruotolo. Ma tutto tace. Il 29 gennaio scorso, ricordiamo che Giuliano Amato, il nuovo Presidente della Corte Costituzionale, ha dato una significativa risposta a una domanda posta da Riccardo Arena, durante il programma di Radio Carcere, la storica rubrica di Radio Radicale. In merito al sovraffollamento nelle carceri e a possibili interventi della Consulta ha così osservato: «La questione non ci è stata ancora riproposta, ma certo se ci venisse riproposta noi ci troveremo davanti alla responsabilità che lei ha ricordato». Intanto l’esponente radicale, Rita Bernardini, ha ripreso lo sciopero della fame per sollecitare nuovamente risposte concrete da parte del governo.