Sempre Franco è il titolo del libro che Guelfo Fiore e Nicodemo Oliverio hanno scritto a un anno dalla scomparsa, il 9 febbraio, di Franco Marini. Un viaggio tra sindacato, politica e istituzioni che ha accompagnato tutta la vita di Franco Marini dalla nascita a San Pio delle Camere ai piedi del Gran Sasso, alla sua formazione a Rieti, fino a diventare la seconda carica dello Stato. Ma Franco Marini è sempre stato prima di tutto un sindacalista, tanto che alla sua morte Fausto Bertinotti lo definì «un uomo che è rimasto per sua fortuna e per fortuna del Paese, un sindacalista anche quando ha calcato la scena istituzionale». E il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio di cordoglio ai familiari, descrive la sua vita come «l’intransigente difesa delle ragioni dei più deboli e della libertà dei corpi sociali della Costituzione». Era così legato al sindacato che, si racconta, di quando, all’indomani della sua elezione a presidente del Senato, al funzionario di palazzo Madama che gli chiedeva di indicare nei documenti ufficiali la professione svolta, lui rispose senza alcuna esitazione: «sindacalista», aggiungendo «ho fatto sempre e solo quello nella mia vita e ne vado fiero perché, come diceva don Milani, fare il sindacalista è uno dei mestieri più nobili che esistano».

Come scrive nella prefazione al libro Dario Franceschini, che Marini volle, insieme a Enrico Letta, come suoi vicesegretari del Ppi, «la solidarietà e la giustizia sociale, l’attenzione per gli ultimi e i più deboli, l’importanza dei corpi intermedi, sono sempre stati la sua bussola». Franceschini ricorda che era rimasto colpito da «un tratto di fierezza e, insieme, di umiltà. Due elementi che possono apparire in contraddizione solo a chi non lo ha mai incontrato». Per il ministro della Cultura Franco Marini «sarebbe stato un grande presidente della Repubblica se quel voto del 2013 fosse andato diversamente, e invece fu travolto dal vento di un superficiale nuovismo. Sarebbe stato un grande presidente, popolare come Pertini, un cattolico- democratico che avrebbe unito il profondo senso delle istituzioni alla sua straordinaria e naturale capacità di stare fra la gente, senza snobismi».

Il libro scritto da Guelfo Fiore ( portavoce di Marini alla presidenza del Senato) e Nicodemo Oliverio ( deputato del Pd per due legislature, allievo di Aldo Moro e poi al fianco di Zaccagnini, Fanfani, De Mita, Bianco, Castagnetti e Marini), come giustamente scrive nell’introduzione il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, è «anche soprattutto un atto d’amore. Il tributo doveroso e importante che due grandi amici e stretti collaboratori di Franco Marini hanno rivolto a una grande persona, un uomo giusto, che ha dato tanto al mondo del lavoro e alle istituzioni democratiche del Paese». Sbarra aggiunge: «Il ritratto composto da queste pagine è quanto mai vivo e veritiero. Chiunque abbia avuto la fortuna di conoscere Franco può ritrovarci in pieno tanti dei suoi tratti, tante delle caratteristiche che hanno accompagnato e caratterizzato il suo cammino».

“Sempre Franco” è un libro, arricchito da un bellissimo corredo iconografico, che si legge tutto d’un fiato, grazie al perfetto mix di ricostruzione storico- politica- sindacale e di vita vissuta a tutto tondo da Franco Marini. Legato alle sue tradizioni montanare, ai suoi alpini, alla sua gente. A partire dal piccolo borgo di San Pio alle Camere, dove per tutti Marini è sempre stato un punto di riferimento e dove volle festeggiare la sua elezione a presidente del Senato nella pineta con un migliaio di partecipanti con piatti, vini abruzzesi e cori degli alpini. Anche per le penne nere Marini è sempre stato presente. Come raccontano gli autori proprio a Barisciano, il 5 marzo 1998, «tra alpini e montanari» si svolse la sfida dei vini tra Franco Marini e Oliviero Diliberto e toccò a Sergio Mattarella, allora vicepresidente del Consiglio, stabilire il vincitore. Quella sfida finì con un salomonico pareggio.

L’altro legame forte di Marini è quello della sua famiglia. Prima il padre, i fratelli, la madre morta quando aveva 11 anni, la seconda moglie del papà e ancora un fratello e una sorella. Poi il grande amore della sua vita: Luisa, conosciuta al liceo a Rieti. Due mondi diversi: lui cattolico e figlio di operai, lei di famiglia comunista e borghese. Poi arriva il figlio Davide e successivamente a loro si unisce Massimo, orfano di entrambi i genitori. Fino alla felicità di essere nonno.

Franco Marini è stato un protagonista assoluto della vita sindacale e politica italiana. E il libro di Guelfo Fiore e Nicodemo Oliverio è l’occasione per leggere la storia del nostro Paese del secolo scorso, attraverso figure fondamentali per il sindacato come Achille Grandi, Emilio Canevari, Giuseppe Di Vittorio, Giulio Pastore, Pierre Carniti, Giorgio Benvenuto, Luciano Lama e appunto Franco Marini. Così come attraversare le stagioni politiche della Democrazia cristiana, passando per il Ppi, la Margherita fino al Partito democratico. A un seminario dell’associazione “I Popolari” a Chianciano in un’intervista, all’allora giornalista del Tg1 David Sassoli, dice di non essere stato «un avanguardista» del Pd ma che «è giunto il momento di scegliere».

Marini uomo delle istituzioni finirà il suo servizio attivo nel 2018, dopo che Enrico Letta lo aveva chiamato alla guida del Comitato storico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale nel 2013. La principale iniziativa è stata “Il viaggio nella Costituzione”, in occasione del 70° anniversario della Carta.

Lo hanno sempre definito il “lupo marsicano”, non era proprio marsicano, ma lupo sì, un animale forte, nobile, da temere, sempre pronto a ingaggiare battaglia, disposto a rischiare tutto per il suo branco. Per la sua gente, come quando chi scrive lo incontrò in piazza, con la sua immancabile pipa, a dare sostegno ai terremotati abruzzesi che chiedevano al governo interventi urgenti per la ricostruzione. Era “Sempre Franco” al fianco della sua gente.