Secondo Bartolomeo Romano «il problema non è solo che il magistrato che va a fare politica perde per sempre l'immagine di imparzialità che è indispensabile per fare il giudice. Il problema è che in quel periodo il magistrato fa il politico a tutti gli effetti: vive in quel mondo, fa trattative, cordate, partecipa ad alleanze. Tutte attività connaturate alla politica. Ma poi quando si rimette la toga cosa fa? Si dimentica di amici e avversari? Non credo proprio. E allora la soluzione è una sola: impedirgli di tornare a fare il magistrato». Questo è il pensiero del giurista intervistato dal "Giornale" diretto da Augusto Minzolini, sul tema delle cosiddette "porte girevoli", uno degli argomenti più caldi del giorno. Il professore, ordinario di diritto penale nell'università di Palermo, conosce bene il Consiglio Superiore della Magistratura, avendo fatto parte dell'organo di "autogoverno" delle toghe italiane dal 2010 al 2014. Su una cosa Bartolomeo Romano concorda con i magistrati. «I magistrati dicono: "siamo cittadini con pieni diritti, non si può impedirci di farci eleggere in Parlamento, si violerebbe la Costituzione". Hanno ragione. Hanno diritto di candidarsi e di mantenere un posto di lavoro quando cessano il mandato. Ma non possono pretendere di tomare a fare i magistrati per il semplice motivo che ogni loro decisione verrebbe interpretata alla luce della loro conclamata fede politica. E questo non è accettabile. Fare il magistrato è un lavoro delicato, serve non solo essere ma anche apparire imparziale». Secondo il giurista italiano, «ci sono tanti ruoli amministrativi che un magistrato può ricoprire, funzioni che non hanno nulla a che fare con la giurisdizione», ma critica il fatto che al ministero della Giustizia ci siano centinaia di magistrati. «Non è accettabile che oggi al ministero della Giustizia lavorino cento magistrati fuori ruolo. Non è più il ministero della Giustizia, sembra il ministero della magistratura». Infine, Romano dice la sua sulla riforma del sistema elettorale del Csm. «Sorteggiare un multiplo di magistrati e facendoli poi votare dal corpo elettorale. E l'unico modo per impedire che al Consiglio superiore approdino solo quelli che hanno costruito la loro carriera in magistratura solo con quell'obiettivo e grazie alla militanza nelle correnti. Poi le correnti gli presentano il conto».