"Potere assoluto - I cento magistrati che comandano in Italia", è il titolo del nuovo saggio del giornalista Sergio Rizzo (Solferino Editore, pagine 256, euro 17), in cui svela storie, protagonisti, conflitti d’interesse e retroscena inediti della casta più nascosta e potente del Paese:« i consiglieri di Stato. Ovvero, il nocciolo duro del potere in Italia». Il libro, di cui discuteremo con l'autore venerdì  4 febbraio alle 19 sulla pagina Facebook del Dubbio, cade a fagiolo, considerato che solo poche settimane fa il Consiglio di Stato è stato al centro della cronaca giudiziaria per aver decapitato i vertici della Cassazione. Quest'ultimo aspetto è ritenuto talmente problematico che si torna a parlare seriamente di un'Alta Corte: Rizzo riprende l'idea di Luciano Violante preoccupato del «rischio che "la magistratura amministrativa diventi il soggetto che, al di là della Costituzione, decide delle promozioni e delle sanzioni dei magistrati". Al di là della Costituzione. Vero. Ma questo può accadere - prosegue Rizzo - perché, "al di là della Costituzione", l’autonomia della magistratura così com’era stata concepita ha mostrato tutti i suoi limiti, fino ad assumere pian piano connotati diversi». Fra tutti i 10 mila e passa magistrati italiani i Consiglieri di Stato sono quelli più vicini alla politica. «Al punto da indirizzarne talvolta le scelte importanti. Gli spetta per legge - scrive Rizzo - il compito di esprimere pareri e suggerimenti sulle iniziative del governo. Pareri e suggerimenti, si badi bene, talvolta vincolanti». Ma il vero asso nella manica di questi magistrati è la possibilità di assumere incarichi diversi da quelli strettamente giudiziari, andando «fuori ruolo». Hanno in mano i ministeri, come capi di gabinetto, e «perfino il processo legislativo della nostra democrazia, visto che, come esperti giuridici dei ministri, scrivono le leggi e ne gestiscono il funzionamento attraverso decreti attuativi predisposti da loro stessi», trasformandosi così negli uomini più potenti del Paese. «Nel governo di Mario Draghi ce ne sono undici: il 10 per cento dell’intero Consiglio di Stato». Rizzo fa i nomi, individua i strani giri che fanno non uscendo mai da quelli che contano, e anche le preziose parentele: chi sono, lo scoprirete leggendo il libro. Il testo è ricco di storie realmente accadute, come si suol dire: a cominciare dalla partita non giocata tra Juventus e Napoli durante la pandemia e che divise l'Italia a metà. Il giudice sportivo e «consigliere di Stato Gerardo Mastrandrea infligge alla squadra di De Laurentiis non soltanto la sconfitta a tavolino per 3-0, ma la condisce per sovrapprezzo con la penalizzazione di un punto in classifica. [...] Si può sempre fare ricorso alla Corte federale d’appello. E chi è lì il presidente? Manco a dirlo, un altro consigliere di Stato. Resta tuttavia ancora una chance estrema. Il Collegio di garanzia dello sport del Coni». E chi è il presidente? «Un terzo consigliere di Stato che spunta in questa assurda vicenda: Franco Frattini», ora divenuto Presidente del CdS. Ma nel saggio si fanno anche i conti in tasca alla magistratura amministrativa, con esiti sconcertanti: le spese per l'informatica sono passate dagli 8,3 milioni del 2013 per schizzare a 23 milioni nel 2020, per poi leggere, nel bilancio di previsione, che la spesa sarebbe salita in soli tre anni a 52 milioni e mezzo. «La botta è così pesante che uno dei quattro membri laici, Salvatore Sica, chiede lumi. Fa mettere a verbale che vuole vederci chiaro lamentando "l’assenza di un'adeguata e dettagliata indicazione dei costi e della ratio sottesa alla spesa". Ma poi la sua uscita non sortisce effetti. Gli spiegano che a fare le gare è la Consip e che l’aumento deriva anche da questo (!)». Ma non finiscono qui le bizzarrie per Rizzo. Nel mirino del suo racconto entra pure Frattini e la sua nomina nell'aprile 2021 a Presidente aggiunto del CdS, contro la quale fa ricorso il consigliere di Stato Giuseppe Severini: « dei trentatré anni e mezzo trascorsi dal giuramento come consigliere di Stato alla nomina come numero due di Palazzo Spada, Frattini ne ha passati decisamente più della metà a fare politica, in aspettativa. Esattamente, precisa il ricorso di Severini, diciotto anni e mezzo». Ma non c'è nulla da fare, tutto regolare perché con una motivazione che «assomiglia a un triplo salto mortale con doppio carpiato del maestro di sci Frattini» si dice che «l’aspettativa presa per ragioni "extra istituzionali", come quelle politiche, si può equiparare al cosiddetto "fuori ruolo". Che cosa significa? In sostanza,un consigliere di Stato che va in aspettativa perché viene eletto alla Camera con un partito, e perciò non prende lo stipendio, è come se andasse a fare il capo di gabinetto di un ministero conservando la busta paga». La vicenda di cui parliamo per Rizzo «sta a dimostrare quanto sia robusto il cordone ombelicale di certa magistratura con la politica. E quanto l’indipendenza del potere giudiziario possa rivelarsi in determinate circostanze un concetto abbastanza vacuo».