Da una parte c’erano Sofia Loren, Anna Magnani, Silvana Mangano, attrici intense e popolari, icone prosperose del boom economico. Dall’altra c’era lei, Monica Vitti, bionda, longilinea e senza curve, piedi lunghissimi, il naso dritto e lungo da statua greco-romana, le gote screziate dalle lentiggini, uno sguardo perturbante e “astigmatico”, la voce “di sabbia”, quasi a far frusciare le parole, che la rendeva unica. Nessun’altra rivale di quella generazione poteva vantare il suo eclettismo; dalle pellicole colte ed ermetiche dei primi sessanta alle commedie ridanciane dei settanta attraversando le gloriose stagioni del nostro cinema, Monica Vitti ha intrecciato una ieraticità, scandinava, quasi “bergmaniana”, con un talento speciale per i tempi comici, anche nei loro tratti e nelle loro varianti più grossolane, senza snobismi. Poteva pronunciare battute sofisticate come il celebre «mi fanno male i capelli» de L’eclisse, all’altrettanto celebre «ma ’ndo vai se la banana nun ce l’hai!» di Polvere di stelle perché sapeva fare entrambe le cose senza sforzo e le sapeva fare benissimo per istinto naturale. La meno italiana delle nostre dive, la meno diva delle nostre attrici, è scomparsa ieri a 90 anni nella sua abitazione a Roma, da oltre trenta si era completamente ritirata dalla vita pubblica perché colpita da una malattia degenerativa simile al morbo di Alzheimer. Attorno alla sua salute nel corso del tempo si erano alimentate leggende metropolitane e sgradevoli fake news, la più celebre da parte del quotidiano francese Le Monde che nel 1988 ne aveva annunciato la morte prematura. Non è stato facile imporsi nel mondo dello spettacolo per quella ragazzina romana che nel secondo dopoguerra sognava di recitare come tante sue coetanee; per entrare all’accademia d’arte drammatica diretta da Silvio D’amico ha dovuto infatti sudare, passando anche per una brutta bocciatura. Poi, in breve tempo, tra qualche Shakespeare e Molière a teatro e qualche apparizione sul grande schermo, si è fatta notare e ha conquistato tutti. Certo, i produttori le chiedevano di cambiare la forma del naso con interventi di chirurgia estetica per conformarla allo stereotipo di bellezza in voga quegli anni, ma lei si è sempre rifiutata con orgoglio: «Alla fine abbiamo vinto noi, io e il mio naso». La prima svolta artistica è l’incontro con Michelangelo Antonioni, con cui avrà anche una relazione sentimentale in cui il regista uscirà . Il cineasta dell’incomunicabilità e dello smarrimento esistenziale della piccola borghesia, anche lui così atipico e poco “italiano”, la mette al centro della scena in quattro film che sono quattro capolavori: L’Avventura (1960), La Notte (1961). L’eclisse (1962) e Deserto Rosso (1964), accanto a lei Gabriele Ferzetti, Alain Delon, Marcello Mastroianni.Finito il sodalizio con Antonioni arriva la seconda svolta della carriera: la chiama infatti un mostro sacro della commedia all’italiana, Mario Monicelli che la vuole come protagonista de La ragazza con la pistola, in cui interpreta Assunta Patanè, una donna lasciata sull’altare dal promesso sposo che decide di vendicarsi: è il ruolo con cui diventa famosa tra il grande pubblico recitando da lì in po in decine di film brillanti più volte accanto all’amico Alberto Sordi, con registi importanti come Ettore Scola, Steno, Luigi Magni, Nanni Loy, Luigi Comencini Sergio Corbucci. Senza disdegnare qualche “ritorno” al cinema impegnato come accade ne Il fantasma della libertà dello spagnolo Luis Bunuel, in Ragione di Stato del francese André Cayatte, ne La pacifista dell’ungherese Miklós Jancsó e Un amore perfetto o quasi dello statunitense Michael Ritchie. Negli anni 90, quando iniziano a manifestarsi i sintomi della malattia le smette di fatto di recitare; nel frattempo si è unita artisticamente e sentimentalmente al fotografo Roberto Russo, di 16 anni più giovane, che sposerà solamente nel 2000. È stato proprio Russo ad annunciare ieri mattina la scomparsa dell’amata Monica. Che vogliamo ricordare con le parole con cui lei stessa parlava di sé: «Sono una vera bionda, una vera astigmatica, una vera passionale, una vera mangiona, una vera amica, davvero curiosa e non sono interessata ai pettegolezzi perché me ne dimentico».