Le dichiarazioni di Piero Amara, ex avvocato esterno dell’Eni e “autore” delle dichiarazioni sull’esistenza di una presunta loggia segreta denominata “Ungheria”, sarebbero fluide e generiche e praticamente prive di riscontri concreti. È quanto emerge dal decreto di firmato dal gup di Brescia Andrea Gaboardi, che ha disposto l’archiviazione dell’ex procuratore di Milano, Francesco Greco (difeso da Francesco Mucciarelli), indagato per aver ritardato le iscrizioni sul registro degli indagati dei presunti appartenenti alla loggia. Accusa che era stata mossa dal pm Paolo Storari - indagato assieme all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio -, che lamentava l’inerzia dei vertici della procura di fronte alle gravi affermazioni dell’ex legale, ritenuto dal giudice, di fatto, poco credibile. Nelle 27 pagine del decreto sono molti gli aspetti che emergono e che aggiungono un tassello ad una vicenda contorta, che ha provocato un vero e proprio terremoto nella procura meneghina. Il giudice, nello spiegare per quale motivo ritenga «infondata» la notizia di reato, ricostruisce gli scambi tra il pm e i suoi colleghi, ovvero l’aggiunta Laura Pedio, all’epoca co-titolare del fascicolo sul “Falso complotto Eni” ( anche lei indagata), e il procuratore Greco. Scambi che evidenzierebbero un clima disteso e tranquillo e nessun lassismo in merito all’iscrizione dei primi indagati, tra i quali lo stesso Amara, smentendo dunque, secondo il gup, l’ipotesi che si volesse tutelare uno degli accusatori di Eni mentre era in corso il processo (conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati) sulla presunta maxi tangente pagata in Nigeria. Gaboardi non nasconde i dubbi su Amara, evidenziando il «contenuto assai “fluido' e generico» delle sue dichiarazioni, limitandosi «perlopiù ad elencare ( con asserti il più delle volte confusi e de relato) le occasioni e le vicende in cui si sarebbe dispiegato il potere di influenza dell'evocata associazione». Il tutto «senza fornire elementi circostanziali di particolare pregnanza e ( soprattutto) immediatamente verificabili, i quali fossero dotati di specifica valenza indiziante circa l'esistenza stessa dell'associazione». Ad autoaccusarsi di far parte della loggia anche l’ex socio di Amara, l’avvocato Giuseppe Calafiore, che ascoltato dalla procura il 4 e il 14 febbraio 2020 riferiva di possedere una lista degli affiliati alla loggia e consegnava tre file audio che contenevano dialoghi ritenuti utili alle indagini. Altro presunto affiliato Alessandro Ferraro, stretto collaboratore di Amara, che convocato dalla procura per consegnare l’elenco dei presunti affiliati non si è però mai presentato, lasciando quella lista avvolta dal mistero. Secondo Storari, il ritardo nelle indagini avrebbe impedito di «assumere iniziative istruttorie tempestive e adeguate alla gravità e alla complessità dei fatti riferiti da Amara». Agli atti della procura di Brescia - che ha chiesto l’archiviazione di Greco - vi sono diversi scambi di email e messaggi whatsapp che dimostrerebbero, però, un clima tutt’altro che negativo. Scambi che partono dal dicembre 2019 e si protraggono oltre l’iscrizione dei primi indagati - Amara, Calafiore e Ferraro -, avvenuta a maggio 2020, molti dei quali, sostiene Storari, non avrebbero «mai ottenuto risposta, neppure oralmente». Motivo per cui, ad aprile del 2020, Storari si rivolse all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, a cui consegnò i verbali di Amara. Quei verbali, come noto, finirono a diversi giornalisti, che però si rivolsero alla procura, senza pubblicare il contenuto delle dichiarazioni di Amara. Nei suoi messaggi, Storari evidenziava l’urgenza di avviare l’indagine con l’iscrizione dei primi indagati (in particolare l'allora presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, l'ex vicepresidente del Csm Michele Vietti e l'attuale componente del Consiglio Marco Mancinetti), lamentando un pericoloso ritardo, date anche le pesanti affermazioni di Amara, secondo cui la loggia sarebbe stata in grado di condizionare nomine ai più alti livelli, dal Csm ai vertici delle Forze di Polizia. Il tutto «sempre tenendo la mente aperta alla possibile calunnia» da parte di Amara. Pedio, che aveva manifestato perplessità sulla competenza territoriale, evidenziando la necessità di «definire il procedimento Eni con priorità assoluta», sottolineò l’esigenza di informare Greco. Da lì una serie di ulteriori scambi, tra i quali quello del 27 aprile, con il quale Storari proponeva una prima lista di soggetti sui quali indagare, tra i quali non compariva, però, lo stesso Amara. Dopo due rinvii, il primo incontro di coordinamento fu convocato l’ 8 maggio 2020, all'esito del quale sarebbero avvenute le prime iscrizioni sul registro degli indagati, formalizzate il 12 maggio. Da qui il coordinamento con la procura di Perugia, alla quale poi è stato trasmesso il fascicolo per competenza territoriale, a dicembre del 2020. Per il gup, da un lato non ci sarebbe stato un espresso rifiuto da parte di Greco né ostracismo. Sarebbe toccato, anzi, a Storari e Pedio procedere. A ciò si aggiunge il fatto che per formalizzare l’iscrizione sarebbe servito un preventivo approfondimento, «contrariamente a quanto sostenuto, in via solitaria e con sbrigativa sicurezza, dal consigliere Davigo nel corso del suo interrogatorio in data 7.7.2021», dato che le dichiarazioni «piuttosto anodine» di Amara si sostanziavano «in meri elementi di sospetto, da valutare peraltro con un approccio ispirato alla massima prudenza». All’epoca dei fatti, dunque, «l'obbligo di iscrizione non era ancora sorto in costanza dell'attività di valutazione e riscontro degli elementi di sospetto introdotti da Amara, attività funzionale a verificare l'idoneità degli stessi a fungere da indizi e, in quanto tali, a dar corpo ad una notizia di reato». Secondo il gup, infatti, non appare «sostenibile né che dalle dichiarazioni rese da Amara nei citati interrogatori (di per sé sole considerate) fossero ricavabili specifici elementi indizianti di condotte partecipative (a vario titolo) ad un'associazione segreta - si legge - né che i suddetti magistrati, prima di iscrivere la notizia di reato in data 12.5.2020, siano stati colpevolmente inerti». E la necessaria attività di preliminare verifica «doveva, peraltro, nel caso di specie essere condotta con estrema prudenza e cautela, considerata la scarsa affidabilità soggettiva del dichiarante, coinvolto in altre gravi vicende penali (a Roma e a Messina) da forme di indebita interferenza su processi in corso ( e poi rivelatosi, sulla base degli accertamenti effettuati proprio da Storari nel prosieguo delle indagini, totalmente inattendibile)».