Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: la ricerca del nuovo inquilino del Colle è intrecciata a filo doppio all'individuazione di un premier che possa garantire il prosieguo della legislatura e la messa in sicurezza del Pnrr. E del resto anche i famigerati mercati tremano per l’incertezza che circonda palazzo Chigi e non certo per le “nebbie” che avvolgono il Quirinale. Chi sarà il nuovo premier se Draghi dovesse salire sul Colle? Ecco, la politica sembra non riuscire a trovare risposte a una domanda alla quale solo lei può replicare: il che non la aiuta certo a recuperare autorevolezza e credibilità. Eppure un paio di cosette sulle qualità che dovrà avere il nuovo premier le sappiamo: dovrà tenere unita una maggioranza con dentro (quasi) tutti i partiti, reggendo l’urto e la pressione di leader che saranno già in campagna elettorale. Insomma, hai voglia a snocciolare nomi di tecnici: il prossimo capo del governo dovrebbe rappresentare e incarnare la quintessenza della politica. Ma c’è chi non si rassegna e per aggirare la domanda iniziale (chi andrà a palazzo Chigi?) continua a invocare il semipresidenzialismo, oppure tenta di “ridefinire” e “forzare” il ruolo del presidente della Repubblica: in fondo è il Quirinale che indica il presidente del Consiglio, ha scritto Claudio Martelli. Come dire: visto che non abbiamo un politico all’altezza della situazione, mandate Draghi al Colle e affidategli la gestione indiretta di Palazzo Chigi. Certo, è vero che il capo dello Stato nomina il premier, ma è altrettanto vero che non lo indica motu proprio ma dopo una serie di passaggi formali e sostanziali. Non vi è dubbio che l'articolo 92 della Costituzione disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa ("Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri"), ma è altrettanto vero che dietro questa formula in apparenza così semplice e lineare, si cela una prassi che, per dirla con le parole del sito ufficiale di palazzo Chigi, indica un “procedimento” nel quale “si può distinguere la fase delle consultazioni (fase preparatoria), da quella dell'incarico, fino a quella che caratterizza la nomina”. Una prassi che ha l'obiettivo di riaffermare la centralità del Parlamento. Insomma, la fragilità della politica sta tutta qui: nell'incapacità di trovare un capo del governo credibile e autorevole senza chiedere soccorso al Draghi di turno. Nel momento politico più alto e significativo, la politica ancora una volta si dissolve.