«Lergastolo ostativo e il 41-bis non sono carcere duro ma strumenti per impedire che i mafiosi continuino a comandare dal carcere, come avveniva prima del 1992». Non si comprende se le parole espresse ieri dal procuratore generale di Cassazione Giovanni Salvi, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, siano una esortazione al legislatore affinché il fine pena mai e il 41-bis vengano riformati in senso più umano o se per lui sia accettabile lo status quo. Come sappiamo, il Comitato del Consiglio dEuropa per la prevenzione della tortura ha invitato le nostre autorità «ad avviare una seria riflessione sul regime detentivo speciale detto 41-bis». Per questo particolare tipo di regime è dovuta intervenire la Corte Costituzionale persino per togliere il divieto di cucinare il cibo, ritenendolo contrario al senso di umanità. Luigi Manconi, sociologo dei fenomeni politici, già presidente della Commissione Diritti umani del Senato, non vuole però pensar male. Ci dice infatti: «Voglio intendere la frase del dottor Salvi nel suo significato letterale, per cui il regime di 41-bis deve essere interpretato e applicato secondo quanto vuole la legge, ossia esclusivamente come uno strumento destinato a impedire qualsiasi tipo di relazione tra il recluso e l'organizzazione criminale esterna. Questa e solo questa è la finalità della norma. Nei fatti, lo sappiamo bene, è tutt'altro, è un regime speciale che aggiunge afflizione ad afflizione, pene accessorie e trattamenti inumani. Il risultato è che il 41-bis viene spesso applicato con modalità illegali e anti-costituzionali. Diventa così quel "carcere duro" che tanti auspicano e che viola lettera e scopo della norma». Ad essere incostituzionale è anche il fine pena mai, come ha detto la Consulta; tuttavia Salvi, a leggere questa sua ulteriore dichiarazione, spera che la norma in discussione alla Camera si configuri sostanzialmente come un nuovo ergastolo ostativo, di matrice pentastellata: «Ci auguriamo che lattuazione della sentenza della Corte costituzionale sullergastolo ostativo conservi i principi fondamentali che la Corte stessa ha indicato: la collaborazione resta la strada principale di prova della cesura dei rapporti con lorganizzazione mafiosa e tale prova non può essere limitata alla buona condotta nel carcere, ma estesa alla insussistenza effettiva di quei rapporti e alla impossibilità che possano essere ripristinati». Ed infatti riceve subito il plauso del presidente della Commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni del M5S: «Le parole del procuratore generale Salvi sull'ergastolo ostativo e il 41-bis sono opportune e condivisibili. In momenti come questo, pur nel rispetto dei principi costituzionali, non bisogna cedere nella lotta contro la criminalità mafiosa né indebolire gli strumenti utilizzati per contrastarla, a differenza di quanto emerge da alcune forze politiche». E poi Salvi sembra sfiduciare i magistrati di sorveglianza che «potrebbero essere chiamati a svolgere un ruolo, questo sì, se non diabolico, assai difficile da assolvere, per la necessità di disporre di dati non meramente su comportamenti carcerari di cooperazione o non scorretti, ma tali da fondare il giudizio di cessazione dei legami attuali e potenziali con lorganizzazione di appartenenza». Ma nessun problema, rassicura Salvi: «Un ruolo importante nel fornire un quadro probatorio quanto possibile completo sarà certamente svolto dal circuito dei procuratori distrettuali e dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Forse non ha letto la nostra intervista al nuovo coordinatore del Conams, Giovanni Maria Pavarin, che su questi timore ci aveva risposto: «Anche nell'attualità abbiamo ogni giorno a che fare con la gestione della pena inflitta agli appartenenti alla criminalità organizzata e siamo dunque chiamati al difficile esercizio della nostra discrezionalità in tema di concessione delle misure alternative alla detenzione, cui oggi possono comunque aspirare i condannati cui sia stata riconosciuta l'impossibilità o l'inesigibilità della collaborazione con la giustizia». Infine il Pg Salvi, oltre a proteggere il 41-bis e l'ergastolo ostativo, evoca anche la costruzione di nuove carceri: «Il sovraffollamento è cosa diversa dal ricorso massiccio al carcere. Esso è causato dalle carenze delle strutture ed è dunque su queste carenze che occorre innanzitutto intervenire».