Da quando la prescrizione è stata sostituita dallimprocedibilità, nemmeno il favor rei si può invocare nel processo dappello. Il motivo? La causa di improcedibilità configura un istituto di natura processuale anziché sostanziale, qual è invece la prescrizione. E non solo: il nuovo meccanismo estingue lazione penale e non il reato. Lo ha chiarito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, relatore Rosa Pezzullo, con la sentenza numero 334, rigettando una questione di legittimità costituzionale che le era stato chiesto di sollevare a novembre scorso. Limprocedibilità, dunque, pur interrompendo il processo di appello se non dovesse concludersi nei tempi fissati dal legislatore, appare sempre più come un palliativo al blocco della prescrizione di bonafediana memoria, non offrendo allimputato le stesse garanzie costituzionali.Assieme alla delega al governo per lefficienza del processo penale, nella legge 134/2021 compariva infatti anche larticolo 2 che introduceva novità per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, con modifiche ai codici penale e di procedura penale. Tra queste modifiche anche lintroduzione del nuovo articolo 344 bis che riguardava la causa di improcedibilità del processo in appello. Nata sotto la spinta delle esigenze di affrontare le gravi carenze strutturali in tema di celerità dei processi, è finita di recente nel mirino della Corte di Cassazione che ha dovuto affrontare il tema della sua natura non sostanziale, chiarendo lefficacia del principio del tempus regit actum.La vicenda, in particolare, rigurardava una condanna per reati di bancarotta che a giugno 2020 veniva, dalla Corte di Appello de LAquila, parzialmente riformata per intervenuta prescrizione di un solo capo dimputazione. Limputato impugnava la decisione ma, nelle more della pendenza del ricorso, interveniva la legge 134/2021 che introduceva il nuovo istituto della improcedibilità. È in quella occasione che la difesa sollevava la questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli articoli 3 e 117 della Costituzione, in quanto la legge ne limitava lapplicazione ai soli reati commessi dal primo gennaio 2020, con ciò violando il principio del favor rei, previsto dall'articolo 2 del codice penale. Ma tale principio appunto non può, per la Cassazione, riguardare la causa di improcedibilità, in quanto essa non è norma di natura sostanziale ma processuale. Prima ancora di entrare in questo tema, la sentenza della Corte chiarisce subito la coerenza dellistituto con la Costituzione. Limprocedibilità, con la sua dichiarata finalità della celere definizione dei processi di impugnazione, troverebbe riferimento nellarticolo 111 della Costituzione, che regola la ragionevole durata dei processi. Non solo: la previsione di un tempo di massima durata del processo di appello, contenuta nella norma della improcedibilità, diventerebbe la garanzia del bilanciamento rispetto allarticolo 161 bis del codice penale, introdotto dal precedente governo del Guardasigilli Alfonso Bonafede con la legge spazzacorrotti e che stabilisce che il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. Ma come detto vi è di più. Secondo gli ermellini, la natura processuale è evidente sia per la collocazione della norma che regola limprocedibilità nel codice di procedura penale, sia per il fatto che il meccanismo estintivo, basato sul superamento temporale predefinito dal legislatore, incide non sullesistenza del reato come avviene con la prescrizione che lo estingue ma solo sulla possibilità di proseguirne lazione penale. Va detto, in conclusione, che la Cassazione non considera neppure irragionevole la scelta di limitare lapplicazione della causa estintiva ai soli reati commessi da gennaio del 2020, anzi, ritiene tale indirizzo di carattere compensativo perché per i reati commessi prima di quella data non opererebbe il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.