Nemmeno durante il fascismo poteva capitare di ritrovarsi accusati, direttamente in sentenza, per fatti gravi senza subire almeno formalmente un processo con tutte le garanzie del caso. Nella nostra Repubblica democratica, un tempo definita culla del diritto, può succedere eccome. Lo ha scoperto per caso l’avvocato Stefano Giordano, legale dell’ex 007 Bruno Contrada, quando il suo assistito nei giorni scorsi è stato invitato a comparire, come testimone, al processo del delitto Agostino.

Nella sentenza del processo con rito abbreviato per la morte di Agostino Contrada risulta come persona coinvolta in fatti gravi

A quel punto, autonomamente, l’avvocato Giordano è venuto in possesso della requisitoria della Procura Generale di Palermo e della sentenza del processo per la morte di Agostino celebrata con il rito abbreviato. Ed è in questa sentenza - a firma del Gup di Palermo Alfredo Montalto, l’allora giudice del processo trattativa di primo grado - che ritrova il nome di Bruno Contrada come persona coinvolta in fatti gravi. Ma senza, come detto, essere stato indagato, inquisito o interrogato sui fatti.

La sentenza mai comunicata da alcun organo giudiziario contiene gravi violazioni convenzionali

«Appare assurdo – denuncia l’avvocato Giordano - come in questo Paese sia ancora consentito fare processi senza tutelare i diritti delle persone che vengono giudicate e quindi senza le garanzie che la Costituzione, la Cedu ed il codice pongono a tutela dell’indagato e dell’imputato. È certamente agevole celebrare i processi contro persone che non hanno alcuna possibilità di difendersi». Secondo l’avvocato, è stata commessa una grave violazione, per questo annuncia che porterà il caso davanti ai giudici della Corte Europea di Strasburgo. «La sentenza – spiega sempre il legale di Contrada -, mai comunicata al mio assistito né al sottoscritto da alcun organo giudiziario, contiene gravi violazioni convenzionali, tra cui il diritto alla presunzione di innocenza e il diritto di accesso al giudice, tutelati dagli artt. 3 e 13 Cedu».

La sentenza del marzo 2021 ha condannato il boss Nino Madonia

Ricordiamo che si tratta di una sentenza emessa a marzo del 2021. Il gup di Palermo Alfredo Montalto ha condannato il boss Nino Madonia accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio commesso il 5 agosto 1989. Il processo si è svolto con rito abbreviato. Del duplice omicidio era imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinario e quindi era in fase di udienza preliminare. Il gup lo ha rinviato a giudizio. Il processo a suo carico è cominciato il 26 maggio scorso. Nella sentenza in questione, recuperata da pochi giorni dall’avvocato Giordano, in effetti compare anche Bruno Contrada. Il giudice Montalto scrive che, come possibile concomitante movente dell’omicidio dell’agente Agostino e della moglie, oltre a confermare anche sotto tale diverso profilo la matrice mafiosa, «conduce ancora una volta il delitto nell’alveo degli interessi precipui del “mandamento” di Resuttana capeggiato dai Madonia, con i quali, infatti, tutti gli esponenti delle Forze dell'ordine e dei Servizi di sicurezza oggetto di indagini intrattenevano, a vario titolo, rapporti. Ci si intende riferire a Bruno Contrada, ad Arnaldo La Barbera e allo stesso Giovanni Aiello».

Il gup Alfredo Montalto ritiene attendibile il pentito Vito Galatolo

Ed ecco che fa un riferimento ancora più esplicito. Il Gup dichiara attendibile il pentito Vito Galatolo, il quale testimonia che ebbe a vedere personalmente Contrada in occasione di alcune visite in vicolo Pipitone e «in alcune di tali occasioni contestualmente ad una persona, “appartenente ai servizi segreti”, soprannominata il “mostro” perché “aveva la guancia destra deturpata da un taglio, la pelle rugosa e arrossata..”». Quest’ultimo sarebbe Giovanni Aiello, conosciuto con il soprannome “Faccia da mostro”. Anche lui compare in sentenza, senza essere processato. La differenza con Contrada, è che lui è morto da qualche anno.

Secondo il Gup Contrada e "Faccia da mostro" incontravano i boss in vicolo Pipitone

«I predetti – prosegue il Gup - , in particolare, nel vicolo Pipitone, si incontravano con Antonino Madonia (ma anche con Vincenzo Galatolo e Gaetano Scotto) con il quale si appartavano “all'interno della casuzza... ... ...a volte anche un'ora o due ore” e ciò nel periodo precedente all’arresto del Madonia (29 dicembre 1989) ancorché imprecisamente indicato dal Galatolo, in sede di incidente probatorio, negli anni “87 - 88 – 89 fino all'arresto di Nino Madonia” tenuto conto che il Madonia sino al 5 novembre 1988 era detenuto e, quindi, certamente non poteva essersi trovato presente nel vicolo Pipitone». Ma per il Gup Montalto, questa imprecisione temporale «non inficia minimamente la complessiva attendibilità della dichiarazione di Vito Galatolo».

Galatolo è stato considerato inattendibile per le procure di Caltanissetta e Catania

Per completezza, c’è da dire che per la stessa dichiarazione di questo pentito, ben due procure (quella di Caltanissetta e Catania) hanno chiesto l’archiviazione, perché secondo i Pm è risultato inattendibile. Ma evidentemente, per la procura generale di Palermo no. Parere confermato dal gup Montalto. Resta il fatto che Contrada (ma anche Aiello, alias “faccia da mostro”, mai inquisito), si ritrova in sentenza per un fatto gravissimo e senza essere indagato o sentito nel merito. Secondo questo assunto cristallizzato in sentenza, l’ex 007 avrebbe partecipato alle riunioni con esponenti mafiosi dove si decidevano alcuni tra i delitti più atroci. Sempre il giudice Montalto, scrive in sentenza che «secondo quanto riferito da Vito Galatolo, una delle visite di Contrada ed Aiello, in occasione della quale questi incontrarono Nino Madonia, Pino Galatolo, Vincenzo Galatolo, Gaetano Scotto e Raffaele Galatolo, fu notata dall’Agostino che stava effettuando un appostamento proprio nel vicolo Pipitone».

Contrada non è mai stato né convocato né sentito nel processo e né durante la fase delle indagini preliminari

In una sentenza, Contrada viene indicato come frequentatore degli esponenti mafiosi nella casa al vicolo del Pipitone di Palermo dove si decidevano le stragi. Fatti gravissimi, ma senza essere mai stato né convocato né sentito nel processo e né durante la fase delle indagini preliminari. È possibile? Ma non è finita qui. C’è il processo Agostino, quello con rito ordinario, in Corte d’Assise di Palermo e Contrada è stato invitato a deporre come testimone. Attraverso il suo legale, l’ex funzionario di polizia ha fatto avere alla Corte che celebra il dibattimento un certificato medico che attesta le sue gravi condizioni di salute.

L'avvocato di Contrada Stefano Giordano annuncia ricorso alla Cedu

Ma la questione è ancora più surreale. Contrada viene sentito come testimone, quindi privo di garanzie rispetto a una persona imputata. Il paradosso è che formalmente non è imputato, ma viene sentito nel processo del delitto Agostino dove, parallelamente, in quello abbreviato appare in sentenza come persona indirettamente legata all’omicidio. E senza, ribadiamolo, essere inquisito. «Per entrambi i motivi - annuncia l’avvocato Giordano - agiremo davanti alla Corte Europea per la violazione di questi diritti e sarà mia cura interloquire con la Procura Generale e soprattutto con la Corte di Assise, in via ufficiale, affinché il dottor Contrada possa rendere dichiarazioni, eventualmente dal domicilio, nella veste di indagato di reato connesso».