Nessuna «cricca» all'interno della procura di Torino. L'ex pubblico ministero Andrea Padalino è stato assolto al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato da un giudice di Milano, Carlo Ottone De Marchi. Il magistrato, che dopo l'apertura dell'indagine era stato trasferito e oggi è gip a Vercelli, era considerato il personaggio attorno al quale, quando prestava servizio al sesto piano del Palagiustizia subalpino, ruotava una specie di clan pronto a scambiarsi favori di ogni genere. I pm milanesi Eugenio Fusco e Laura Pedio avevano chiesto tre anni di carcere, ma la sentenza ha spazzato via l'impostazione dell'accusa. Tre imputati su cinque escono indenni da una rosa di reati che comprendeva anche la corruzione in atti giudiziari: Padalino, un commerciante e un medico oculista. Un appuntato dei carabinieri, Renato Dematteis, è stato condannato a due anni e sei mesi solo per abuso in atti di ufficio (avrebbe consigliato a due persone offese l'avvocato a cui rivolgersi per costituirsi parte civile) e per concorso in falso: un collega (a sua volta condannato a sei mesi) non scrisse nel verbale che nel corso di un interrogatorio era presente anche lui. La vicenda prese le mosse nel 2017.

La storia di Andrea Padalino

Padalino all'epoca era conosciuto come un pm rigoroso e battagliero: sue erano alcune delle inchieste più clamorose e importanti sulla galassia No Tav, sulla criminalità di strada, sulle degenerazioni della movida. I magistrati torinesi che indagarono su di lui si convinsero però che fosse al centro di un gruppo composto da elementi delle forze dell'ordine, giornalisti, un avvocato (ora deceduto) e un viceprocuratore onorario che lavoravano a stretto contatto in maniera quanto meno inopportuna. Il tribunale di Milano ha preso in esame solo quella manciata di episodi che si pensava avessero rilievo penale. In un caso, Padalino avrebbe offerto «consigli» a un militare della guardia di finanza sotto processo ottenendo in cambio soggiorni e cene gratis in un hotel a Orta San Giulio e al ristorante dello chef Antonino Cannavacciuolo. In altri, una cena a una bocciofila e una visita oculistica gratuita per i figli del carabiniere e per la mamma. Vicende travisate o del tutto inesistenti secondo la difesa.

Il commento dei legali di Padalino

«La cricca - commenta uno dei legali, Stefano Castrale - non è mai esistita e siamo stati noi a portare i testimoni che hanno smontato la tesi accusatoria». Il difensore di Padalino, l'avvocato Massimo Dinoia, parla di «fine di un incubo». «Questi quattro anni di autentica sofferenza per Padalino e per la sua famiglia - osserva - sono stati una pena ingiusta perché i fatti non sussistono. Purtroppo non si possono cancellare né questi anni né quelle sofferenze, ma se ne può trarre un insegnamento ed è proprio ciò che conforterà Padalino: ancor più di quanto abbia avuto a cuore finora, egli avrà sempre ben vivo nella sua mente che, alla semplice prudenza di un processo penale, si accompagnano sempre dolorose conseguenze per le persone indagate e per le loro famiglie».