Stato d’emergenza prorogato “solo” fino al 31 marzo 2022 ma, come ha fatto notare l’Ucpi, si consente ai magistrati di «tenere le camere di consiglio da remoto fino al 31 dicembre 2022, senza far più riferimento al rischio di contagio». Dell’allarme lanciato dai penalisti parliamo con il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa.

Onorevole, cosa pensa di questa iniziativa del governo?

Se una cosa che contestavamo a Bonafede la realizza questo governo, non è che possiamo fare finta di niente. Ma facciamo un passo indietro. Come riferisce la relazione introduttiva al decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137, il prolungarsi di una situazione di emergenza legata alla diffusione della pandemia da Covid 19 “ha imposto di intervenire ulteriormente con la previsione di strumenti processuali che consentano, per quanto possibile, un esercizio della giurisdizione senza rischi per tutti gli operatori interessati”. Si trattava dunque di una norma legata all'emergenza sanitaria per garantire una serie di cautele. Nella primavera precedente, quando si iniziò a ipotizzare un quadro di misure riguardanti il processo, come la limitazione della trattazione orale, in molti diffidammo il governo dall'utilizzare strumentalmente la pandemia per far entrare a regime delle norme che qualcuno aveva nel cassetto da tempo. Quello che si ottenne anche a livello di dibattito parlamentare fu la perimetrazione di quelle previsioni alla sola situazione legata alla pandemia. Questa fu una specie di intesa tra tutti gli operatori della giustizia.

Adesso invece?

Oggi assistiamo alla violazione di quel patto perché nella relazione illustrativa al Milleproroghe leggiamo: “La proroga delle predette misure - che si sono rivelate assolutamente efficaci per consentire una più rapida trattazione dei processi civili e penali, nel pieno rispetto delle necessarie garanzie procedimentali - si rende necessaria in relazione all'attuazione degli obiettivi di smaltimento dell'arretrato assunti dall'Italia in sede di Pnrr, e idealmente dovrebbero saldarsi alle nuove misure allo studio del governo in sede di recepimento delle deleghe per la riforma del processo civile e penale”.

Non si parla più di esigenza pandemica ma di smaltimento arretrato, obiettivi Pnrr e riforme del penale e del civile. Ma quando abbiamo discusso di queste due ultime riforme non si è mai toccato l'argomento della proroga delle camere di consiglio da remoto: abbiamo sì approvato delle deleghe ampie ma non c'era nessun passaggio riguardante questo tema. Quindi le osservazioni delle Camere Penali sono più che pertinenti. Addirittura non so fino a che punto possa essere accettato, non solo tecnicamente, ma anche politicamente, dal Parlamento che una norma finalizzata a un determinato scenario possa essere prorogata con il Milleproroghe, per ragioni diverse da quelle che l’avevano introdotta nell’ordinamento. Adesso l'Aula ha la possibilità di respingere al mittente la proposta e quindi di non andare, come purtroppo spesso sta accadendo, con la testa bassa e gli occhi chiusi a traino di quello che dicono i funzionari del Ministero della Giustizia.

L'Ucpi ha lanciato un appello alle forze parlamentari perché «sia posto rimedio all’ennesima violazione delle regole del processo accusatorio». Lei lo accoglie?

Certo. Questa previsione snatura completamente il processo: non si può pensare che la Camera di Consiglio possa svolgersi dal divano di casa. I principi basilari si possono comprimere in una fase determinata, di emergenza: ma questa non può divenire la regola. Il Pnrr ha dato delle risorse per celebrare e non per dribblare i processi.

Secondo lei questo articolo inserito nel Milleproroghe è dipeso da una pressione dell'Anm o dall'apparato del Ministero?

È la stessa cosa perché la sensibilità è la stessa. I penalisti sono attori significativi del processo, ma non sono inseriti come l'Anm nei gangli di via Arenula. Il potere giudiziario - non parlo delle singole persone - ormai si è insinuato nell'azione legislativa e non dovrebbe essere così. È come se il governo si intromettesse nelle Camere di Consiglio. Oggi ( ieri, ndr) ho ripreso un mio ordine del giorno del 2020 che l'allora governo Conte accolse in cui chiedevo di “adottare ogni opportuna iniziativa volta a ridurre gli incarichi in posizione di fuori ruolo a magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato” per accelerare i procedimenti sospesi ai fini del contenimento della diffusione del Covid- 19. Poi però si è continuato come se nulla fosse. E allora se vogliamo accelerare la giustizia facciamo rientrare i fuori ruolo, senza invece comprimere i diritti di difesa.

A proposito di novità e presenze/ assenze è stato istituito il Comitato tecnico- scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale.

Noto che su quindici membri è presente solo un avvocato, il Presidente del Coa di Milano, Vinicio Nardo. Lo stimo molto ma lo vedo in netta minoranza rispetto ai magistrati e ai professori universitari. Ormai è questo lo schema adottato dal ministero della Giustizia: la presenza dell'avvocatura è ornamentale. Tutte le parti che operano nel processo dovrebbero poter invece fornire un contributo dal proprio angolo di prospettiva.

Onorevole si sono conclusi i primi 9 mesi di ministero a firma Cartabia. Che bilancio fa?

La ministra Cartabia ha affrontato le questioni di rilievo sempre con una grande attenzione ai diritti del cittadino e alle garanzie, penso ad esempio alla presunzione di innocenza, ai tabulati, alla visita a Santa Maria Capua Vetere. Tuttavia, se in una fase iniziale i temi sono stati presi di petto in ossequio a quei principi, occorre respingere la tentazione di non scontentare nessuno. Inoltre molti atti della macchina ministeriale sono tesi a frenare le coraggiose prese di posizione della Ministra. Ad esempio sul rimborso delle spese legali per gli assolti ho dovuto pungolare incessantemente affinché l'Esecutivo portasse a termine quello che si era deciso in Parlamento e finalmente - e di questo ringrazio la sottosegretaria Macina per il suo impegno - sono stati impegnati gli 8 milioni. Almeno così mi è stato assicurato.

Ma secondo lei la Ministra era a conoscenza di questo provvedimento criticato dall'Ucpi?

Credo che molte cose arrivino già confezionate. Per questo ribadisco una diffidenza nei confronti della macchina ministeriale.

Però, a proposito di carcere, abbiamo iniziato l'anno con due suicidi. Il carcere non ha più bisogno di gesti simbolici.

E ricordiamo che 53 detenuti si sono suicidati nel 2021. Invece al ministero della Giustizia l’ennesima commissione produce una relazione di 226 pagine di idee per migliorare la qualità della vita delle persone recluse. Di relazioni delle commissioni sono pieni gli archivi.

Per chiudere: siamo tutti in attesa della proposta del governo sul Csm.

Spero che non ci sia una riforma conservativa. Il Parlamento può esprimere una posizione molto più coraggiosa degli uffici ministeriali.