Elio Vito, deputato di Forza Italia non ha partecipato al voto sulla manovra, spiega che non dare alla Camera il tempo necessario per analizzare il testo è stato «uno scempio del principio costituzionale della centralità del Parlamento» e dopo il voto sul Colle si dice sicuro che «la struttura del governo Draghi e della maggioranza sarà soggetta a modifiche».

Onorevole Vito, cosa l’ha portata a non votare la fiducia al governo Draghi sulla manovra di Bilancio?

Contesto la cosa più importante: cioè le regole, prima ancora del merito. È vero che da anni si parla di una necessità di riformare il bicameralismo, ma è anche vero che se queste riforme sono necessarie occorre comunque rispettare le regole attuali e il governo Draghi in maniera clamorosa non le ha rispettate. Non si era mai arrivati al 30 dicembre senza che la Camera avesse tempi giusti per l’esame del testo. Il tutto non dovuto all’ostruzionismo dell’opposizione o alla presentazione di migliaia di emendamenti ma semplicemente per i ritardi che il governo ha scientemente fatto.

Un’accusa pesante. Ci aiuta a fare ordine?

Il governo ha presentato la manovra al Senato dopo oltre un mese dalla sua approvazione in Cdm e ci ha messo un altro mese per presentare gli emendamenti. Sarebbe stata preferibile qualche settimana di esercizio provvisorio, non sarebbe successo nulla e la Camera avrebbe analizzato correttamente il testo. Questo invece è uno scempio del principio costituzionale della centralità del Parlamento.

Quali sono le cause di questa lentezza?

Di certo l’eterogeneità della maggioranza e lo scollamento tra le delegazioni ministeriali e i gruppi parlamentari, di tutti i partiti. Ma questa diversificazione richiederebbe di chiamare in causa il Parlamento ancora di più ed è stato fatto il contrario. L’unica cosa da fare era non partecipare al voto.

Un voto che ovviamente sapeva non essere decisivo, vista l’ampia fiducia di cui gode il governo Draghi.

Che infatti ha raggiunto anche il primato del maggior numero di fiducie, quasi una a settimana, mentre ai tempi dei governi Berlusconi erano circa una al mese. Draghi ha superato Conte, Letta, Renzi e avendo una maggioranza del 90 per cento è ingiustificabile. È un’espropriazione della funzione legislativa del Parlamento.

Pensa che questi fattori avranno ripercussioni sulla corsa al Colle?

Assolutamente si. Osservo che il giudizio positivo del governo Draghi risiede solo in alcuni giornalisti, come quelli che hanno applaudito in conferenza stampa, e in Confindustria. Ma non è un giudizio condiviso dall’opinione pubblica e in Parlamento. E quindi ho l’impressione che questa esperienza si avvii a conclusione.

Come vede il dibattito sul prossimo inquilino del Quirinale?

Io sono un gran sostenitore di Berlusconi alla presidenza della Repubblica, visto che spetta al centrodestra esprimere un nome, ma a prescindere da questo penso che l’eterogeneità della maggioranza sia un problema da affrontare subito dopo il voto per il Colle.

Dunque il governo Draghi ha le settimane contate?

Questa volta le dimissioni del presidente del Consiglio nelle mani del nuovo capo dello Stato non saranno un passaggio formale ma sostanziale. La struttura del governo Draghi e della maggioranza sarà soggetta a modifiche. Non so se questo porterà a un nuovo governo o a elezioni, ma so che il governo dei migliori dal punto di vista dei rapporti istituzionali non ha mai funzionato. Basti dire che Draghi ha tenuto per sé una parte della delega sui servizi segreti che non ha dato al sottosegretario Gabrielli. Per questo sarebbe dovuto venire al Copasir...

Non sembrano parole di un’esponente di uno dei principali partiti di maggioranza, come è Forza Italia…

Nei confronti di Forza Italia contesto due cose, negli ultimi mesi. La prima è l’impostazione sui diritti civili, perché un partito liberale come il nostro non può combattere dalla parte sbagliata battaglie fondamentali come quella sul ddl Zan o sul suicidio assistito. È il partito che va contro la sua natura liberale, non sono io che vado contro il partito. L’altro punto riguarda l’antifascismo e il rapporto con gli alleati di centrodestra. Sono stato l’unico a scendere in piazza con la Cgil dopo l’attacco fascista. Ci dobbiamo distinguere dai nostri alleati sovranisti e pretendere che prendano le distanze dai fascisti. Noi, dal nostro punto di vista, dobbiamo invece prendere le distanze dall’Europa nazionalista, sovranista e identitaria, altrimenti che ci stiamo a fare nel Ppe?

Non teme che spingere Berlusconi al Colle finisca per dividere ancora di più il paese?

È stato il centrosinistra a stabilire che il presidente della Repubblica può essere eletto anche solo da una parte. Non sarebbe la prima volta che accade, è ovvio che sarebbe auspicabile un’ampia convergenza, ma Mattarella è stato eletto praticamente da Renzi con solo il centrosinistra.

Si parla anche di Pera, Casellati, Casini. Non pensa si possa trovare una convergenza più ampia su questi nomi?

Con tutto il rispetto per Pera, Casellati e Casini, Berlusconi è di un altro livello e riceverebbe più voti di questi candidati ipotetici. Inoltre lo spirito della nostra costituzione antifascista prevede la riabilitazione dopo una condanna, perché non si può escludere dalla vita politica e sociale un individuo per una condanna già scontata, come quella di Berlusconi. È questo il senso della nostra costituzione e va rispettato. Quindi quelli contro Berlusconi sono argomenti pretestuosi che dimostrano di come in molti casi non si sia ancora colto lo spirito garantista della nostra Costituzione.

Senza Draghi a capo del governo il voto sarebbe più vicino?

Senza dubbio, anche perché ormai mancano pochi mesi alla scadenza naturale della legislatura e cominciano le fibrillazioni. Per questo spero che Forza Italia inizi a fare le scelte giuste. In questa legislatura abbiamo permesso a Salvini di fare il governo gialloverde senza esercitare l’opposizione che avremmo dovuto fare, e poi, durante la crisi del Conte II, non abbiamo fornito appoggio esterno così da garantire continuità di governo. Cosa che tra l’altro avrebbe permesso oggi a Berlusconi di giocarsi carte ancora più importanti con Pd e Movimento sulla corsa al Colle.