Il cuore del problema lo ha centrato l'avvocato Giuseppe Belcastro: «Qualunque riforma della giustizia si voglia mettere in campo non può che passare dall'esame del dato». Ma se questi dati non sono in possesso del Ministero della Giustizia e del Legislatore come si può pretendere di rivoluzionare l'amministrazione della giustizia? Per questo, come ha sottolineato il Presidente dell'Unione delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza durante una conferenza stampa organizzata con l'Eurispes, «il 2°Rapporto sul processo penale in Italia sarà inviato a tutti i parlamentari, alla Ministra Cartabia e ai capi degli uffici giudiziari».

Il rapporto Eurispes-Ucpi

La prima ricerca era del 2008, questa fa riferimento ai dati raccolti fino al 2019. L’indagine a quattro mani ha preso in esame 32 Tribunali distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale e ha monitorato 13.755 processi. Si tratta, ha proseguito Caiazza, di una «straordinaria ricerca, di dati primi che nessuno ha. Siamo entrati nelle dinamiche della lentezza del processo e abbiamo scoperto che le ragioni sono strutturali, sia fisiologiche che patologiche, e nulla c'entrano con l'attività della difesa». Dei processi monitorati in primo grado solo un quinto (20,7%) arriva a sentenza. Nel 78,7% dei casi, il procedimento termina con il rinvio ad altra udienza. E la durata media del rinvio si attesta intorno ai 5 mesi per i procedimenti in Aula monocratica e 4 mesi per quelli davanti al Tribunale collegiale. La prescrizione è un motivo di estinzione del reato che incide per il 10% sui procedimenti arrivati a sentenza e rappresenta poco più del 2% del totale dei processi monitorati. Peggiorata la situazione dei tempi di rinvio ad altra udienza ulteriormente allungati rispetto al 2008: da 139 nel 2008 a 154 giorni per i procedimenti in Aula monocratica e da 117 a 129 giorni per quelli davanti al Tribunale collegiale. Prendendo in esame le ragioni di rinvio ad altra udienza, più frequenti sono il fatto che si trattava di un’udienza di sola ammissione prove (16,4%), la prosecuzione dell’istruttoria (allorché l’attività istruttoria fissata per quella udienza si è regolarmente svolta e completata) (16,1%), la discussione (10,7%), l’assenza dei testi citati dal PM (8,3%), l’omessa o irregolare notifica all’imputato (6,2%), la richiesta di messa alla prova (4,3%), l’assenza del Giudice titolare (3,3%). Inoltre «il risultato dello studio conduce a verità controintuitive sul processo penale. Solo per fare un esempio: accertato che le sentenze di prescrizione in dibattimento di primo grado ascendono al 2% circa dei processi celebrati e incrociato il dato con quello ministeriale, secondo cui il 65/70% delle prescrizioni totali matura prima del dibattimento, si può comprendere quanto poco provveduta sia» la legge 9 gennaio 2019 n.3 «che congela il corso della prescrizione a far data dall’emissione della sentenza di primo grado: essa sarà operativa in un numero di casi assai esiguo, cadendo completamente fuori dal perimetro di effettività del problema prescrizione».

L'irragionevole durata dei processi non dipende dagli avvocati

Questi numeri, minima parte del Rapporto di oltre 600 pagine pubblicato con Rubbettino e scaricabile dal sito Eurispes, mostrano per il Presidente Caiazza che «non è serio affrontare i temi del processo per slogan o per pregiudizi ideologici. Bisogna che parlino i dati. Questa ricerca fotografa, le vere cause della durata irragionevole dei processi penali in Italia; che non sta nelle regole di garanzia del giusto processo e del diritto di difesa, ma in gravi carenze strutturali della macchina amministrativa. Intervenire sui diritti degli imputati per ridurre i tempi i è illusorio e pretestuoso. La ricerca smaschera chi vuole cogliere il pretesto dei tempi lunghi del processo penale per riscriverne le regole fuori dal quadro definito dall’art. 111 della Costituzione». Inoltre si chiede Caiazza «perché l'Ufficio statistico del Ministero non raccoglie dati sulle richieste cautelari e la percentuale di accoglimento? Perché l'accesso ai dati è precluso al cittadino, all'informazione? Non conosciamo neanche i criteri con cuiselezionano quei pochi dati presentati nella rituale relazione al Parlamento». Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, conclude: «La ragionevole durata del processo come diritto dell’imputato e delle vittime, è un principio costituzionale, costantemente violato nel nostro Paese. La lunghezza abnorme dei processi è un ostacolo per la competitività del Paese e per il suo livello di civiltà complessiva».