Mancano quattro mesi ma la roulette del Colle già gira vorticosamente. Non è ancora la vera stretta, la fase concreta nella quale si lavora davvero alle candidature. Nel girone precedente, quello nel quale la politica è oggi immersa a tempo pieno, la giostra serva a lanciare e tritare nomi, per sondare il terreno o per affossarli, per provare a delineare un quadro che così confuso non è stato mai tanto che la mission stavolta è davvero impossibile. Perché con la stragrande maggioranza dei capipartito che non controlla le truppe e con un centinaio e passa di parlamentari vaganti, senza nessuno a guidarli, si gioca e si continuerà a giocare al buio o se va molto bene nella penombra. I nomi che circolano sono un gruppetto di testa ma prima di loro, nel gioco inevitabile del toto Quirinale è d'obbligo citare i nomi ignoti.

Il candidato ignoto

In realtà non è un candidato, e quando lo diventa spesso non lo sa. È il nome a sorpresa che spunta all'ultimo momento, quando la crema è già impazzita o sta per diventarlo. Frutto di solito del colpo d'occhio di qualche regista che magari puntava su quel nome dall'inizio ma senza confessarlo neppure agli intimi, aspettando che i grandi elettori s'infilassero nel vicolo cieco per offrire la provvidenziale via d'uscita. Fu eletto così Oscar Scalfaro, un'invenzione di Marco Pannella ed è stato eletto così Sergio Mattarella, asso nella manica di Matteo Renzi, anche se giocare quell'asso gli è costato più caro di qualsiasi posta potesse incassare.

Sergio Mattarella, 80 anni

Se accettasse di sorseggiare l'amaro calice restando sul Colle almeno un paio d'anni risolverebbe un problema di cui nessuno più parla ma che esiste: a eleggere il prossimo capo dello Stato sarà un Parlamento strutturalmente diverso dai prossimi, l'ultimo prima che entri in vigore il taglio dei parlamentari. Nulla da eccepire sul piano legale ma, salvo accordo generale su un nome “non di parte”, qualche problema di legittimazione potrebbe nel prosieguo presentarsi.

In teoria la permanenza spianerebbe la strada a Draghi nel 2023- 24 ma in questi casi del domani non v'è mai certezza. È quello che vorrebbero i partiti ma il diretto interessato punta i piedi anche se ultimamente sembra aver dischiuso uno spiraglietto. Sembra l'unico a capire che due capi dello Stato consecutivi a cui si chiede di restare perché la politica non se la sa cavare non sono un certificato di buona salute per un sistema. Registrano piuttosto il coma e forse l'agonia.

Mario Draghi, 74 anni

Il re c'è, il king maker no e non è un punto secondario. Sulla carta Marione primo cittadino sarebbero lietissimi di insediarlo tutti. La realtà è diversa e quasi tutti, chi per un motivo chi per l'altro, preferirebbero evitare. Draghi presidente aumenterebbe comunque il rischio di voto anticipato e non c'è assicurazione che tenga. Basta e avanza a sconsigliare. Chiunque mirasse a costruire prospettive politiche generali a partire proprio dalla partita del Quirinale con Draghi avrebbe poco spazio. L'invadenza del Colle, con Draghi ad abitarlo, sarebbe poi inevitabile e pochissimo gradita dai partiti. La cosa migliore è aspettare che l'opzione affondi da sola, impantanata nelle sabbie mobili dei problemi istituzionali e della difficoltà di incardinare il Pnrr senza il suo artefice in cabina di regia. Per risolvere la situazione, cosa tutt'altro che impossibile, Draghi, che alla presidenza ci tiene, dovrebbe disporre di un king maker abile. Che al momento latita.

Silvio Berlusconi, 85 anni.

Ci prova davvero, nonostante un centinaio e passa di controindicazioni sconsiglino la sua elezione. Ma senza un accordo trasversale immediato su un “candidato di tutti” ce la può fare. Gli mancano 50 voti e non sono troppi.

Pier Casini, 65 anni

Ha tutte le carte in regola. Viene dalla Dc, è stato tra i leader della destra per decenni, ora eletto con il Pd. Molto mestiere, una buona prova come presidente della Camera, per gli standard della gara è giovane e non guasta. Ci lavora dall'inizio della legislatura con pazienza e metodo. Dunque ha molte carte da giocare, forse troppe. Un candidato troppo perfetto.

Marta Cartabia, 58 anni

In corsa dall'inizio e a lungo testa di serie: fuori dai partiti, apprezzata a destra e a sinistra, ex presidente della Consulta, giovane e donna. Poi ha affossato la riforma Bonafede e i 5S gliel'hanno giurata. Non è escluso che possa farcela lo stesso ma con i gruppi ingovernati il percorso sarebbe di guerra.

Giuliano Amato, 83 anni

Emerso negli ultimi giorni: la definizione “riserva della Repubblica” è stata probabilmente inventata per lui. Tra l'età seconda solo a quella di Berlusconi e la targa della prima Repubblica, stinta ma ancora visibile, ha poche chances di lasciare la panchina per rientrare in campo con la maglia del primo cittadino. Ma non si può mai dire.

Elisabetta Casellati, 75 anni

Sogna la corona di prima presidentessa nella storia italiana, dunque un posto nella storia, dal giorno in cui, a sorpresa, è diventata seconda cittadina della Repubblica. L'ala sinistra della maggioranza, al Senato, non la ama e la considera di parte. Ma se il vicolo fosse proprio cieco...

Romano Prodi, 82 anni

La ferita dell'agguato che lo affossò nel 2013 è ancora aperta. Dicono che in realtà un po' speri nel risarcimento e nell'elezione a sorpresa. Difficile per un leader fortemente di parte, come del resto Berlusconi, ma anche nel suo caso, quando si tratta di Quirinale, “mai dire mai”.