Non sono bastati tre mesi di trattative per trovare un accordo. L’ufficialità della rottura tra ministero dell'Economia e Unicredit per la cessione di Mps arriva con una nota congiunta delle parti in cui si annuncia «l’interruzione dei negoziati relativi alla potenziale acquisizione di un perimetro definito di Banca Monte dei Paschi di Siena» «nonostante l’impegno profuso da entrambe le parti». A fine luglio Unicredit aveva accettato di avviare trattative esclusive per l’acquisto di «alcuni asset selezionati» di Mps, controllata dal Mef, con una quota pari al 64,2 per cento. Tuttavia, il governo ha ritenuto eccessiva la richiesta di UniCredit di una ricapitalizzazione di oltre 7 miliardi di euro perchè renderebbe l’operazione «troppo punitiva» per i contribuenti italiani. La diversità di vedute sulle dimensioni e sui costi dei tagli dei posti di lavoro nella banca più antica del mondo, nonché il modo di calcolo di Unicredit sugli adeguamenti del valore sulle passività di Mps si sono rivelati uno dei principali ostacoli. Le parti hanno così concluso che è impossibile raggiungere un accordo sulla base delle condizioni fissate a luglio, che richiedevano l’acquisizione di «asset selezionati» del Monte dei Paschi per aumentare l’utile per azione di UniCredit del 10 per cento e lasciare inalterato il suo capitale. Ora la palla torna tutta nelle mani del Mef che entro fine anno dovrebbe (alla chiusura del bilancio 2021 di Mps) cedere il 64,2 per cento della banca senese. La partita sul futuro della banca più antica del mondo si giocherà sull’asse Roma, Francoforte (sede della Bce), Bruxelles. Il Tesoro probabilmente proverà a chiudere una proroga della cessione di almeno 6 mesi.