«La collegialità non è affatto perduta, sia perché conservata in alcune materie, come quella penale, e sia perché comunque recuperata in sede di appello, condotto innanzi all’articolazione distrettuale del Tribunale». A dirlo Claudio Cecchella, ordinario di diritto processuale civile all’Università di Pisa e presidente dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, che commenta la presa i posizione dei magistrati minorili contro la riforma del diritto di famiglia.

Le modifiche sul diritto di famiglia sono le uniche, nell’ambito della riforma del civile, ad aver incontrato il favore di tutti i partiti politici, ma anche dell’avvocatura, che invece è molto critica su altri aspetti. Quali sono secondo lei i punti di forza?

Le associazioni specialistiche degli avvocati, che già avevano lavorato ad un progetto nel 2016/ 2017, prima della chiusura della legislatura, discusso con i magistrati ordinari e minorili, a cui ha in vasta parte attinto la riforma in fase di approvazione parlamentare, hanno accolto con molto interesse le soluzioni dedicate al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e al rito unitario, come riforma epocale, attesa dalla nascita della Repubblica, essendo la normativa processuale risalente al ventennio e mai coordinata con la vorticosa evoluzione della disciplina sostanziale. Sia il rito camerale, coerente con una visione gerarchica e autoritaria della famiglia dove non ci sono diritti ma solo interessi da amministrare, dovendo il giudice sostituire il pater familias che non è riuscito a comporre la crisi, perciò svincolato da regole processuali dettate dal legislatore, sia la visione paternalistica di un giudice composto collegialmente in modo paritetico, due giudici togati e due giudici laici, non possono più coordinarsi con una famiglia in cui le componenti fragili, il minore e il coniuge debole, sono titolari di veri e propri diritti soggettivi e le regole processuali devono fare i conti con i principi del giusto processo. Gli avvocati, nella veste di garanti della difesa, funzione di rilievo costituzionale, erano troppo spesso visti come parti scomode, collocati ai margini delle indagini peritali o addirittura delle udienze, particolarmente quando la delega della fase istruttoria fosse affidata ai giudici laici. Un processo che assicura il diritto di azione, il diritto di difesa, il contraddittorio e il diritto alla prova, con la garanzia del reclamo generalizzato in relazione ai provvedimenti provvisori, non può che essere salutato come una conquista, in linea con la giurisprudenza della Cedu.

Ugualmente un tribunale unico formato da giudici togati, in cui l’esperto potrà inserirsi come giudice onorario nell’ufficio del processo o meglio ancora come consulente sottoposto al contraddittorio dei consulenti di parte ( ciò che non avviene invece quando ha modo di esprimersi solo in camera di consiglio, ove non sono ammessi gli avvocati o i consulenti di parte), risolverà finalmente i gravi rischi di contrasto di giudicati tra le misure sulla responsabilità genitoriale del tribunale per i minorenni e le misure sull’affidamento del tribunale ordinario. Una riforma epocale, da tanto, troppo tempo, attesa.

Cosa ha impedito in passato di raggiungere l’obiettivo che invece sembra essere stato raggiunto oggi?

Anche se l’avvocatura ha cercato di condividere una soluzione unitaria, nel tentativo che ho ricordato, al termine dei lavori, il nodo della fine del Tribunale dei minorenni, retaggio di un passato imbarazzante, è stato il vero ostacolo e non è stato possibile giungere ad una soluzione accettata da tutte le professionalità coinvolte. Vi è stata troppo spesso, anche nel passato, una contrapposizione tra avvocatura e scienza processualistica, da un lato, a cui molti componenti della magistratura ordinaria hanno aderito, e magistratura minorile dall’altro. Il tema si è presentato anche oggi, come è evidenziato dalle prese di posizione ufficiali dell’Aimmf.

Secondo i magistrati per i minorenni, la riforma del diritto di famiglia rischia di essere deleteria, venendo meno la «garanzia della collegialità multidisciplinare» prevista dall’attuale sistema. Le preoccupazioni sono fondate?

Con l’adesione alla riforma l’avvocatura manifesta la massima fiducia nell’opera della magistratura minorile, ma quella togata.

Ribadisco, il giudice onorario potrà coadiuvare il giudice nell’ufficio del processo e il giudice potrà trarre ausilio da una consulenza tecnica a cui hanno partecipato le parti, e non ad un parere tecnico espresso solo in camera di consiglio.

La collegialità non è affatto perduta, sia perché conservata in alcune materie, come quella penale, e sia perché comunque recuperata in sede di appello, condotto innanzi all’articolazione distrettuale del Tribunale. Non vedo tutto questo pericolo.

Faccio io una domanda: se recuperassimo una collegialità nella articolazione circondariale, i magistrati minorili sarebbero disposti a rinunciare alla conservazione del Tribunale per i minorenni? Temo una risposta scontata. Ribadisco che l’apporto della scienza psicologica e medica deve stare fuori dalla camera di consiglio e diventare consulenza tecnica sottoposta al contraddittorio delle parti ( non è un caso che l’istituto della perizia d’ufficio nel processo comune ha visto sempre più accentuarsi l’attenzione verso forme di sempre più elevata assicurazione del contraddittorio).

C’è effettivamente un rischio di appesantimento del lavoro giudiziario, in assenza di un aumento degli organici?

La riforma se vuole essere effettiva e nella direzione imposta dalla Cedu e dai principi costituzionali, non può essere a costo zero e comunque la collegialità, che viene sbandierata come vessillo dalla critica, non è affatto a costo zero.

Che conseguenze può avere questa presa di posizione?

In realtà il carattere monocratico della articolazione circondariale, va certamente nella direzione di una economia degli organici: monocraticità – non si dimentichi – che sarà supportata da un ufficio del processo a cui avranno accesso i giudici onorari e che recupererà la collegialità in appello.

Ci sono secondo lei elementi di criticità in questa riforma?

In relazione al rito, avere per i diritti disponibili ( assegni di mantenimento) costretto le parti a preclusioni coincidenti con gli atti introduttivi, anche per la prova, e non avere adeguato il rito per le persone, per i minorenni e per le famiglie alla gradualità delle preclusioni, pur riconosciuta dalla stessa riforma al rito comune, dopo la battaglia condotta dall’avvocatura. Non certo la introduzione del Tribunale unico.

In che modo l’introduzione di un rito unificato migliorerà la gestione dei casi?

Una diaspora dei riti, com’è vissuta ora, con il rito camerale in taluni casi, il rito speciale della separazione e divorzio in altri, il rito ordinario, ancora in altri, e il riparto di competenze tra due giudici ( tribunale per i minorenni e tribunale ordinario), non va certo nella direzione di un tutela dei diritti: si rischia di discutere di processo per anni, senza giungere al merito, che – non si dimentichi - è il diritto di persone fragili, come i minori e le componenti deboli delle famiglie.