«Clamorosa sconfitta dei candidati della destra sovranista, che avrà molto su cui riflettere». E ancora: «Finisce anche il tempo dei Cinque Stelle ovunque, a cominciare da Torino». È questa, in estrema sintesi, l'analisi del voto amministrativo di Matteo Renzi, pronto a individuare perdenti a destra e a manca, senza che il dubbio di apparire fuori luogo lo colga solo per un istante. E non perché in questa tornata elettorale non esistano sconfitti eccellenti, ma perché il leader di Italia viva dimentica di parlare a nome di un partito praticamente inesistente. In nessuna delle grandi città chiamate alle urne - Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna - i renziani si sono presentati davanti ai cittadini con il loro simbolo. E a conti fatti non è stata una cattiva idea visto che, mischiandosi in vari contenitori civici, i seguaci dell'ex premier sono almeno riusciti a superare quel 2 per cento al quale restano inchiodati secondo tutti i sondaggi. Nella Capitale Italia viva si è schierata al primo turno con Carlo Calenda, sostenuto da una lista unica col nome del candidato, per cui è praticamente impossibile pesare il contributo renziano al buon risultato (terzo posto) del leader di Azione. A Milano alcuni esponenti di Iv si sono mimetizzati nella civica I riformisti. Lavoriamo per Milano che ha contribuito col 4 per cento al travolgente successo di Bppe Sala al primo turno (57,7 per cento). A Torino gli uomini di Renzi hanno preferito invece assicurarsi qualche posto nella lista Lo Russo sindaco, che solo grazie al nome del candidato vincente nel simbolo ha guadagnato il 5 per cento. A Napoli quelli di Iv si sono infilati in Azzurri Noi Sud Napoli viva, strappando il 5,4 per cento, e senza disdegnare la coabitazione con il tanto disprezzato M5S che sotto il Vesuvio vale il 9,7 per cento. Persino a Bologna i renziani hanno scelto di camuffarsi dietro al vessillo personale della candidata sconfitta alle primarie Isabella Conti, che con Anche tu Conti ha portato in dote il 5,7 per cento al dem Matteo Lepore, eletto subito sindaco col 61,9 per cento. E anche a Bologna l'incompatibilità sbandierata con i grillini può essere accantonata: Max Bugani, volto storico del Movimento emiliano e nazionale, è assessore ai Rapporti con il Consiglio comunale. Insomma, gli altri avranno pure perso, come dice Renzi, ma Italia viva sparisce definitivamente. O nel migliore dei casi sopravvive nascondendosi.