La Corte di assise di Palermo ha assolto il senatore Marcello Dell’Utri e i carabinieri del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno. Pena ridotta a 27 al boss Leoluca Bagarella, al medico mafioso Antonino Cinà la pena è stata confermata a 12 anni. In primo grado la Corte di assise, nel maggio 2018, aveva condannato a 28 anni di carcere il boss Leoluca Bagarella, a 12anni oltre allo stesso Dell’Utri gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni e Antonino Cinà, medico e fedelissimo di Totò Riina. Erano stati condannati a 8 anni l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno e Massimo Ciancimino, figlio di Vito, poi stralciato e prescritto. «In parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Palermo in data 20 aprile 2018 - recita il dispositivo - assolve Giuseppe De Donno, Mario Mori e Antonio Subranni dalla residua imputazione a loro ascritta per il reato di cui al capo A, perché il fatto non costituisce reato». «Dichiara - prosegue - non doversi procedere nei riguardi di Leoluca Bagarella, per il reato di cui al capo A, limitatamente alle condotte commesse in pregiudizio del governo presieduto da Silvio Berlusconi, previari qualificazione del fatto come tentata minaccia pluriaggravataa corpo politico dello stato, per essere il reato così riqualificato estinto per intervenuta prescrizione. E per l’effetto ridetermina la pena nei riguardi di Bagarella in 27anni di reclusione». «Assolve - prosegue la Corte - Marcello Dell’Utri Marcello dalla residua imputazione per il reato di cui al capo A, come soprariqualificato, per non avere commesso il fato e dichiara cessata l’efficacia della misura cautelare del divieto di espatrio già applicata nei suoi riguardi». La Corte ha revocato le statuizioni civili nei riguardi degli imputati De Donno, Mori, Subranni e Dell’Utri e rideterminato in 5 milioni di euro l’importo complessivo del risarcimento dovuto alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Corte d’assise ha per il resto confermato «nel resto l’impugnata sentenza anche nei confronti di Giovanni Brusca e condanna gli imputati Bagarella Cinà alla rifusione delle ulteriori spese processuali in favore delle parti civili (Presidenza del Consiglio dei ministri, presidenza della regione siciliana, comune di Palermo, associazione tra familiari contro le mafie, centro Pio La Torre. La corte ha fissato il 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni. «Siamo felici perché finalmente la verità viene a galla»: è la prima reazione del generale del Ros Mario Mori e dell’ex capitano Giuseppe De Donno, manifestata attraverso i legali. «È una bufala, un’invenzione, un falso storico», commenta a caldo l’avvocato Basilio Milio, legale del generale Mario Mori. Insieme al collega Francesco Romito, che difende De Donno, ha sentito il proprio assistito: gli ufficiali si sono detti «felici» «perché finalmente la verità viene a galla».

L'atto d'accusa: "Patto scellerato tra Stato mafia"

Dal dispositivo della Corte d’assise di Palermo pronunciato il 20 aprile 2018 nell’aula bunker del Pagliarelli era emerso un duro atto d'accusa: la trattativa ci sarebbe stata, il patto scellerato tra pezzi dello Stato e Cosa nostra sarebbe stato siglato. Con questa conclusione processuale, formulata in primo grado, si è confrontato il processo d’appello che si è aperto il 29 aprile 2019 e che oggi approda a sentenza. L’accusa, rappresentata dai sostituti pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, alla fine della requisitoria del 7 giugno scorso ha chiesto la conferma della condanne di primo grado: 28 anni per il boss Leoluca Bagarella,12 anni per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, nonché Antonino Cinà, medico e fedelissimo di Totò Riina. Condanna a 8 anni per l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno e per Massimo Ciancimino, per calunnia, quest’ultimo poi stralciato e prescritto.

Primo grado, le motivazioni

Le motivazioni del primo grado sono state depositate il 19 luglio 2018, nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio. Dopo anni di udienze, boss e politici sono stati dichiarati colpevoli del reato di minaccia e violenza al corpo politico dello Stato. Per Marcello Dell’Utri sono state punitele condotte commesse contro il governo Berlusconi: i carabinieri del Ros sono stati condannati per i fatti commessi fino al 1993,Dell’Utri per i fatti del 1994; da una parte la trattativa sarebbe stata intavolata dai carabinieri, da un certo punto in poi da Dell’Utri. Condannati a 12 anni di carcere i generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri e il boss Antonino Cinà; a 28 anni Leoluca Bagarella, la pena più pesante. Otto anni al colonnello Giuseppe De Donno. Stessa pena per Massimo Ciancimino accusato di calunnia nei confronti dell’allora capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Prescrizione per Giovanni Brusca. Assolto l’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza.