Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica a Bologna, spiega perché «alla Lega converrebbe essere europeista», dice di vedere di buon occhio Marta Cartabia al Colle ed è convinto che «se la ripresa continua il governo è destinato a durare».

Professor Pasquino, come cambieranno i referendum nel prossimo futuro?

Firmare con lo Spid agevola in maniera piuttosto significativa coloro che vogliono proporre un referendum, anche se introduce una distinzione tra i cittadini che hanno facile accesso ai sistemi di tecnologia e gli altri. Oggi i firmatari sono gruppi più facili da attivare, come giovani e professionisti, e nel complesso questo produce maggiore facilità di raccogliere le firme e in misura non enorme incentiva la produzione di referendum.

Alcuni propongono l’innalzamento delle firme necessarie a proporre un referendum. È d’accordo?

Di aumento delle firme si parla da molto tempo per via delle norme scritte dai costituenti, quando l’elettorato italiano era di 30 milioni di persone mentre oggi è di 54. Allora scrissero 500mila e penso che 800mila firme, cioè la cifra sulla quale si è assestato il dibattito, è accettabile nel momento in cui viene reso più facile firmare come accade con lo Spid.

Si parla poi di abbassare il quorum, che ne pensa?

L’esito dei referendum è una storia diversa. Partiti e organizzazioni possono invitare all’astensione e quindi vanificare il referendum per mancanza di quorum. Per scongiurare questo fenomeno gli stessi che vogliono aumentare le firme dicono che bisogna ridurre il quorum in base alla percentuale di votanti all’ultima elezione nazionale che precede il referendum. Anche questa proposta mi pare abbia una sua logica e una sua validità.

Alcuni studiosi auspicano poi un controllo anticipato della Corte sull’ammissibilità dei quesiti. Arriveremo a questo correttivo?

Anche questo è fattibile ma sarebbe utile sentire cosa ne pensano i giudici costituzionali. Ma c’è un rischio: che ci sia un alto numero di richieste di referendum e quindi si intasi la Corte. Tuttavia se le cifra minima richiesta per il controllo è centomila firme, allora è difficile che ci siano molte richieste. Mi lasci dire però che la Corte non è stata brillante nel dichiarare l’accettabilità o meno del quesito in passato.

Cioè?

Se il referendum abrogativo si propone di abrogare la legge, bisogna che la abroghi nella sua interezza, non cambiando le virgole. Invece si è consentita l’abrogazione di alcune parti creando confusione.

Addentriamoci nell’agone politico. Come giudica l’addio alla Lega di Francesca Donato?

Come un segno che c’è qualcosa che non va. Ma il problema è a monte. La Lega alle Europee ha candidato diverse persone senza sottoporle a qualche filtro, raccogliendo un po’ di tutto. Una parte di quel tutto oggi si trova insoddisfatta e se ne va. Spesso poi converge in Fratelli d’Italia e lo fa solo perché Fd’I è in crescita. Pura strategia di sopravvivenza politica.

Se alle Amministrative Fratelli d’Italia dovesse scavalcare la Lega si arriverà alla resa dei conti?

Secondo me no, perché sarà tutto il centrodestra a non andare bene. Fratelli d’Italia ha imposto un candidato non brillante a Roma e altrove la Lega ha fatto lo stesso. Ma il loro futuro è comunque legato, perché separati non andranno lontano. Magari nemmeno insieme vinceranno, ma di certo quella è una condizione per provarci. Il problema sarà decidere il candidato alla presidenza del Consiglio. E lì se ne vedranno delle belle.

La nuova centralità di Berlusconi e il sostegno senza condizioni di Fi al governo Draghi daranno linfa alla parte moderata del centrodestra?

La parte moderata ed europeista del centrodestra non può fare tanti passi avanti rispetto a quelli che ha già fatto. L’europeismo è ormai attribuito al Pd, che è un partito convintamente europeista, senza nessuna tensione o cedimento. Si parla inoltre della candidatura di Berlusconi al Colle ma sarebbe il primo caso di un presidente della Repubblica eletto da condannato e in più a 85 anni. È un’operazione di vetrina che sminuisce il ruolo dell’istituzione della presidenza della Repubblica.

Per la quale invece si parla di Marta Cartabia, che ha appena portato a casa la riforma del penale. Come la vede?

Mi pare in fase ascendente. I candidati di cui si parla di più sono Mattarella, che ha già detto che non vorrebbe fare un altro mandato, e Draghi, che è indeciso tra l’ambizione personale del Quirinale e mettersi in gioco per cambiare in profondo il paese come sta già facendo. Tuttavia molti pensano che serva una donna e Marta Cartabia è la donna giusta al momento giusto. È stata presidente della Corte costituzionale, è ministro della Giustizia e sembra che abbia fatto una buona riforma. In più non ha nemici visibili e questo nel segreto dell’urna può giovare.

Un 5- 0 per il centrosinistra alle Comunali farà togliere qualche sassolino dalla scarpa a Enrico Letta?

Ci sono buone possibilità di un 5- 0, anche se Torino non mi pare messa bene per il candidato di centrosinistra. Se dovesse arrivare, Letta dovrebbe prendersi la vittoria che però a Milano sarebbe di Sala e a Bologna del Pd locale. Lui deve occuparsi di vincere a Siena e di cambiare il partito. Per ora di cambiamento non se n’è visto molto.

Sullo stesso fronte il Movimento è diviso tra l’estrema visibilità del presidente Conte e la fatica nel raccogliere voti sul territorio. Come andrà?

Il M5S ha cominciato con Parma e poi ha vinto a Torino e Roma. Quindi non è sempre andato male sul territorio. E anzi se andrà “meno male” di quello che pensiamo potrà anche dire che è in ripresa, ad esempio con una Raggi al 18- 20 per cento a Roma. Gli serve un risultato competitivo con il Pd e con la possibilità che numericamente la loro somma si avvicini a quella del centrodestra. Al Movimento servirebbe maggiore decentramento, favorendo i gruppi che si riferiscono ai Cinque stelle in provincia. Ma non è questa l’intenzione di Conte e di un partito che ha deciso di affidarsi a un leader improvvisato.

Intravede scossoni nei prossimi mesi di governo, magari a causa della Lega, o si andrà dritti fino al 2023?

Gli scossoni non li intravedo. La Lega ha dei ministri al governo ma soprattutto ha un classe dirigente che si è formata nella amministrazioni locali. Parlamentari e ministri hanno un contatto diretto con una parte di società che ha capito che rimanere in Europa è fondamentale, perché a questo sono legati i profitti delle imprese. È per questo che alla Lega converrebbe essere europeista. Il governo, se questa ripresa continua, è destinato a durare.