L’elezione di Virginia Raggi, sindaca uscente della prima città d'Italia, nel Comitato di garanzia del M5S, organo che rappresenta il potere reale nel Movimento, era scontata in partenza. La massa di consensi ottenuti, più degli altri due garanti messi insieme, il presidente della Camera Fico e il ministro degli Esteri Di Maio, invece è una sorpresa. Un risultato tondo e sonoro che dimostra quanto poco la base dei militanti condivida con il cuore e non solo con la ragione la sterzata normalizzatrice di quel che è già molto più Partito che non Movimento. Anche la vittoria politica altrettanto netta della prima cittadina su Roberta Lombardi, da sempre zarina pentastellata nella Capitale, è una sorpresa. I bookmakers davano la sindaca, molto meno radicata nelle strutture del potere capitolino e con sulle spalle il fardello di un quinquennio non proprio trionfale, soccombente contro la zarina.

Molti, infine, ipotizzano una terza sorpresa nelle urne. Se Virginia Raggi arrivasse al ballottaggio, contro ogni previsione, sarebbe uno sconvolgimento tellurico di portata tale da scuotere dalle fondamenta l'intero panorama politico. Ma anche nell'ipotesi di un risultato molto al di sopra delle previsioni, nonostante una campagna mediatica che la ha martellata per un lustro come nessun sindaco prima di lei e nonostante un'amministrazione che è stata più inesistente che semplicemente fallimentare, il segnale sarebbe potente e inequivocabile. Anche perché Gualtieri dovrebbe trattare direttamente con lei, non più solo con Conte, l'apparentamento al ballottaggio.

Nella geografia politica del M5S devastato la trionfatrice del 2016 occupa una postazione nevralgica e centrale, forse decisiva. I tre garanti sono i principali rappresentanti del Movimento nelle istituzioni. Ma se gli inquilini di Montecitorio e della Farnesina, pur su posizioni spesso diverse, si sono del tutto uniformati al ruolo istituzionale la stessa cosa non può dirsi per la sindaca, che resta anomala, spesso ambigua, non ha affatto tagliato i ponti con la base anti- sistema che aveva reso il M5S la prima forza politica cinque anni fa e non a caso, a differenza di tutte le altre star del Movimento, è l'unica a evitare con scuse improbabili di vaccinarsi.

Tra i 5S ce ne sono certamente di più vicini alle posizioni di Di Battista ma al vertice l'unica sponda di cui può disporre il leader ribelle in volontario esilio sarà proprio Virginia Raggi. Con la quale dovrà vedersela anche Conte, il leader che parte già con una mano legata (da Grillo) e forse tutte e due. L'ex premier, in apparenza, dovrebbe essere molto più vicino a Di Maio, con il quale condivide l'obiettivo di normalizzare e istituzionalizzare definitivamente e irreversibilmente il Movimento. Ma L' ' avvocato del popolo' sa benissimo di non potersi fidare di Di Maio e di dover contare sulla sponda dell'ala anti- istituzionale per tenersi in sella e provare a conquistare davvero un comando che per ora è tale quasi solo sulla carta.

In parte il peso di Virginia Raggi dipenderà dall'esito delle elezioni a Roma: una sconfitta davvero cocente ne depotenzierebbe inevitabilmente il ruolo. Ma in gran parte dipenderà anche da un equilibrio politico che è sfuggente e instabile. La decisione di arrivare a un'alleanza elettorale è presa sia per il Pd che per i 5S, soprattutto perché entrambe le forze politiche sanno di non avere alternative. Ma lo stesso motivo che impone l'alleanza ha sin qui sconsigliato di definirne i dettagli. Quella fase si aprirà solo dopo le prossime elezioni ma entrerà nella fase decisiva dopo il passaggio a massimo rischio per tutti dell'elezione del capo dello Stato.

La forza di Virginia Raggi, la postazione che è riuscita a occupare e la popolarità presso la base certificata dal voto on line derivano in buona parte proprio dal suo essersi sottratta all'alleanza con il Pd. In futuro però dovrà trovare un diverso equilibrio tra radicalismo d'antan e diplomazia politica pena l'essere relegata nel ghetto asfittico dove soffoca per ora ogni dissenso. Si trova in una postazione ideale per affrontare la prova. Resta da vedere se ne avrà la capacità.