Da qualche anno si è intensificato l’utilizzo dei droni nelle carceri. Sia per introdurre droga che cellulari. Ora scopriamo che è possibile introdurre anche le pistole. Nel gennaio del 2019, La stessa Interpol (International Criminal Police Organization) ha pubblicato una nota diretta al Dap affinché si prendessero contromisure all’utilizzo sempre più frequente dei droni nei penitenziari. Lo ha spiegato molto bene Giovanni Battista De Blasis , l’editorialista della rivista on line del Sappe, poliziapenitenziaria.it. Vengono comunemente chiamati droni, ma questi oggetti volanti tecnicamente sono definiti Sistemi Aerei a Pilotaggio Remoto e, per il Codice della navigazione, sono aeromobili con tanto di comandante responsabile ai comandi. La definizione di aeromobile evidenzia che, indipendentemente dalla posizione del pilota, le operazioni devono rispettare le regole e le procedure degli aerei con pilota ed equipaggio a bordo. Come ha spiegato De Blasis in un suo articolo nella rivista on line del Sappe, l’utilizzo dei droni è ormai consolidato per usi militari ed è crescente per applicazioni civili, ad esempio in operazioni di prevenzione e intervento in emergenza incendi, per usi di sicurezza non militari, per sorveglianza di oleodotti, con finalità di telerilevamento e ricerca e, più in generale, in tutti i casi in cui tali sistemi possano consentire l’esecuzione di missioni ddd, “noiose, sporche e pericolose” (dull, dirty and dangerous), quasi sempre con costi economici ed etici inferiori rispetto ai mezzi aerei tradizionali.Ma, appunto, possono essere usati anche per scopi illegali. In realtà lo strumento per neutralizzarli c’è. Ll Triveneto ha recentemente sperimentato presso il carcere di Rovigo un sistema per il “rilevamento e l’inibizione di aeromobili a pilotaggio remoto”. Lo fa, appunto, per rilevare e intercettare droni in grado di effettuare ‘consegne illegali’ ai detenuti. Ma è finito lì, senza alcun seguito. Il Dubbio ha potuto verificare che in realtà i sistemi anti drone possono essere anche economici. Principalmente ci sono i sistemi che utilizzano la semplice radiofrequenza, di fatto emettono onde radio molto potenti che inibiscono o meglio rendono “sordo” il drone nel ricevere i comandi impartiti dal controller. Il nome di questi dispositivi in gergo è Jammer e ce ne sono di diverse misure, anche portatili, con diverse potenze e abbinati o meno a una serie di antenne esterne per aumentarne la portata e l’efficacia. Ma il costo si abbassa notevolmente se si cercano altri tipi di sistemi che lavorano a livello informatico, sniffando indirizzi Mac address ed eseguendo una serie di procedure atte a saturare non la banda radio, ma il protocollo stesso.