Per i giocatori del Cosenza che da lì a poche ore affronteranno il Messina per la nuova giornata del campionato di serie B, quel sabato d’autunno significa riposo. Parte della squadra, come ormai consuetudine, sceglie il Garden, un cinema non lontano dai campi d’allenamento, per passare un paio d’ore di relax prima della partita. Tra quei calciatori c’è anche Donato Bergamini, il centrocampista biondo venuto dalla Bassa, che a Cosenza era diventato uno di casa. «È andato via con un paio di persone prima dell’inizio del film», racconterà un suo ex compagno di squadra anni dopo. Sarà l’ultima volta che Denis, il folletto tutta corsa e cervello pronto a spiccare il volo verso l’Olimpo del calcio, sarà visto nella “sua” Cosenza. Il suo corpo senza vita sarà ritrovato poche ore dopo a Roseto Capo Spulico, ultimo avamposto calabrese affacciato sullo Jonio, ai bordi della statale che porta fino a Taranto. È il 19 novembre del 1989, uno dei giorni più neri della storia recente di una città che Bergamini lo aveva adottato da quattro anni, quando semi sconosciuto era arrivato in riva al Crati trascinando la squadra di casa verso una categoria agognata da decenni. La morte dell’idolo rossoblu ci mette un attimo a diffondersi. Suicidio è la parola che passa di bocca in bocca: il ragazzo si è buttato sotto un camion carico di mandarini. IL CALCIATORE SUICIDATO Ventisette anni compiuti da poco, un accordo in parola per diventare parte integrante di quel primo Parma dei miracoli targato Nevio Scala, una tifoseria che lo adora: Donato Bergamini, per tutti Denis, vive una fase della sua vita che sembra proiettarlo verso un futuro luminoso. Dopo gli anni del semiprofessionismo in provincia, erano anche arrivati i primi contratti importanti, e con questi i primi soldi veri: niente poteva far pensare ad un salto disperato sotto un vecchio tir. Quella della morte di Bergamini è una storia su cui è stato scritto un fiume di parole ma su cui non si è riusciti a fare ancora luce, con l’asticella della verità che, da oltre 30 anni, ondeggia pericolosamente tra l’ipotesi di suicidio e quella di omicidio. Una storia su cui si sono aggrovigliate tre inchieste diverse e che ora, siamo allo scorso marzo, si arricchisce di un nuovo elemento, con la richiesta di rinvio a giudizio per Isabella Internò, ex fidanzata del calciatore che per prima aveva parlato del suicidio di Bergamini. La donna è accusata dai magistrati di Castrovillari di omicidio premeditato con l’aggravante dei futili motivi. Sarebbe stata lei, in concorso con altri personaggi legati al suo nucleo familiare ma rimasti ad oggi ancora ignoti, ad uccidere l’ex stella del Cosenza simulandone poi il suicidio e nascondendo la verità per 32 lunghissimi anni. L’IDOLO DEGLI ULTRAS Denis Bergamini diventa un calciatore famoso quando il calcio consente ancora un rapporto più naturale tra i giocatori, le tifoserie e le città. Un calcio senza le regole folli delle Tv e degli onnipresenti addetti stampa, con i calciatori che si mescolano alla gente e finiscono col diventarne amici. Così era stato per Denis Bergamini che con Cosenza stabilisce un rapporto simbiotico, e di amici, nei vicoli della città vecchia, se ne è fatto a pacchi durante gli ultimi quattro anni. Saranno loro, per primi, a non credere alla storia del suicidio. In città Bergamini conosce anche una ragazza, si chiama Isabella. Tra i due la scintilla sarà immediata e la loro storia, tra alti e bassi, si trascinerà fino a qualche tempo prima della morte di Bergamini. Sarà proprio la ragazza, presente al momento della morte del calciatore, a raccontarne gli ultimi istanti di vita. Sarà lei a raccontare della fuga da Cosenza in auto, del viaggio da fare fino a Taranto per poi imbarcarsi verso l’estero. E sarà sempre lei a raccontare agli inquirenti della reazione di Bergamini al suo rifiuto a seguirlo: il ragazzo che abbandona ai margini della strada la sua auto, fa qualche passo lungo la strada che collega la Calabria alla Basilicata e alla Puglia, e infine si getta sotto un tir in viaggio verso i mercati generali di Milano, finendo per essere trascinato per oltre 50 metri. Una storia tremenda che getta l’intera città nello sconforto e che apre un vortice impazzito di voci e illazioni sul clamoroso suicidio del giovane campione. Sui giornali e nelle radio private rimbalzano ipotesi che legano la fuga ad una presunta vendetta legata al calcio scommesse: d’altronde il ricordo delle manette scattate qualche anno prima direttamente dentro gli spogliatoi degli stadi italiani è ancora vivido tra i tanti tifosi di calcio, e la fuga del calciatore dal ritiro prepartita non trova spiegazione. Ma la pista si rivelerà totalmente infondata, così come del tutto campata in aria appare l’ipotesi che vedrebbe Bergamini in qualche modo protagonista di un traffico di droga che avrebbe riguardato anche altri calciatori del Cosenza. Voci che rimbalzano impazzite nel sottobosco ultras che non crede all’ipotesi del suicidio: ipotesi che invece viene sposata appieno dagli inquirenti. C’è la testimonianza della Internò, e c’è anche quella di Pisano, il camionista alla guida del tir, che racconterà agli investigatori di essersi accorto solo all’ultimo di quel ragazzo che si buttava sotto il camion e di non avere potuto fare nulla per fermarsi ed evitare la tragedia. Quello che manca è un’autopsia, esame che sarà richiesto dalla procura solo 47 giorni dopo i fatti. Il primo processo sulla morte del calciatore vede alla sbarra come unico imputato proprio il camionista rosarnese Raffaele Pisano, accusato di omicidio colposo e infine assolto «per la riconosciuta condotta suicidaria del Bergamini». INFINITE INDAGINI Gli anni passano ma il ricordo di quel giovane campione legato al periodo più glorioso della storia pallonara di Cosenza continua ad essere molto forte. Una piazza della città prende il suo nome, così come la curva del “Marulla” dove risiede il cuore del tifo cosentino. Nel ’94, sono passati ormai cinque anni dalla morte di Bergamini, una nuova indagine portata avanti dalla Procura di Castrovillari con l’accusa di omicidio a carico di ignoti, naufraga in un’archiviazione. Sono in molti però a non credere alla tesi del suicidio. Soprattutto non ci credono i familiari del calciatore che negli anni hanno continuato a chiedere verità sulla morte del loro congiunto e che, nel 2011, convincono la procura ad aprire una nuova indagine con l’ipotesi di omicidio; ipotesi che questa volta vede tra gli indagati proprio l’ex compagna di Bergamini e, di nuovo, il camionista di Rosarno. A dare linfa al nuovo filone d’inchiesta sono le nuove perizie e i nuovi esami effettuati dai periti del pm, da cui sembra venire fuori una verità diversa da quella finora accertata. Denis Bergamini sarebbe stato già morto al momento di finire sotto le ruote dell’autotreno, ucciso probabilmente con un sacchetto di plastica a coprirgli la testa e adagiato sul ciglio della strada dove poi sarebbe stato calpestato intenzionalmente e a passo lento dal mezzo. A suggerire questa nuove versione dei fatti, sostiene l’accusa, anche l’analisi dei vestiti e dell’orologio della vittima che non riportavano danni compatibili con l’incidente e il successivo trascinamento. Passano altri 4 anni fatti di intercettazioni, esami, testimonianze e tesi suggestive e, a novembre del 2015, nonostante una pressione mediatica molto alta, il Gip, accogliendo la richiesta dello stesso Pm, manda archiviata anche questa nuova ipotesi: «Infondatezza della notizia di reato» e «nessuna prova della commissione da parte di alcuno del reato di omicidio» sono le frasi utilizzate dal Gip che sembrano chiudere definitivamente il cerchio sulla misteriosa morte dell’atleta originario di Ferrara. DELITTO D’ONORE Sono ancora una volta le battaglie della sorella gemella del calciatore Donata, a tenere alta l’attenzione sulla morte di Bergamini. A distanza di sei anni dall’ultima archiviazione – ne sono passati 32 dal ritrovamento del cadavere sul bordo della 106 – ecco il nuovo colpo di scena. La Procura di Castrovillari che aveva ordinato nuove investigazioni e nuovi rilievi tecnico scientifici, chiude le indagini sulla morte del centrocampista e richiede il processo per Isabella Internò, accusata di concorso in omicidio con altri rimasti ancora ignoti. Al centro della vicenda, sostiene la pubblica accusa, ci sarebbe la decisione di Bergamini di troncare la propria relazione con la donna. Una decisione che la Internò non avrebbe mai accettato e che sarebbe stata “punita” con l’omicidio dell’uomo che nei passati tre anni era stato il suo partner, e con la simulazione dell’incidente con il camion.