Gianfranco Rotondi, decano del Parlamento e deputato di Forza Italia vicinissimo a Berlusconi, lancia il nome del Cavaliere al Colle «per chiudere i conti con la seconda repubblica chiedendo ai singoli parlamentari un gesto di libertà».

Onorevole Rotondi, gli ultimi sondaggi dicono che un 5- 0 del centrosinistra nelle grandi città è possibile. Crede che il centrodestra si avvii verso una disfatta alle Amministrative, a partire da Roma?

Non sono uno iettatore di professione e da deputato del centrodestra non tifo contro la mia squadra, anche se la formazione da tempo non mi convince. Penso che nella difficoltà storica del centrodestra romano, imporsi all’attenzione come ha fatto Michetti non è la peggiore delle cose, se non altro ci si è accorti che il centrodestra c’è. Anzi Roma è una delle città in cui il centrodestra è messo meglio.

Forza Italia sta cercando di staccarsi dalla trazione sovranista imposta da Salvini e Meloni?

Forza Italia fa bene a imbullonarsi alle scelte di Draghi, perché lui sta aprendo un mercato elettorale nel quale solo Forza Italia può inserirsi a pieno titolo. Draghi esprime anzitutto nella sua biografia un profilo liberale e nazionale, perché è stato l’orgoglio italiano alla guida della Bce. Questo profilo non può essere valorizzato elettoralmente dai Cinque stelle o dal Pd e la stessa Lega si sta mettendo di traverso all’azione di governo. Mi pare che Forza Italia sia l’unica forza politica che possa giovare elettoralmente dalla tendenza imposta da Draghi.

Su green pass e vaccini crede che il governo andrà dritto per la sua strada o sarà influenzato da chi, da alcuni professori universitari in giù, contesta le norme?

Draghi ha studiato diritto costituzionale meglio dei professori che lo contestano e sa che nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per le necessità previste dalla Costituzione. Siamo di fronte a un’epidemia eclatante e mi sembra che le obiezioni almeno dal punto di vista del diritto costituzionale siano poco fondate.

Come può convivere il governo con i capricci della Lega?

Salvini ha paura della Meloni e la rincorre. Così facendo rinforza il consenso di chi già la vota e perde il consenso di chi dissente da lei. Non sono un consigliere di Salvini al quale all’inizio ho guardato con simpatia, tanto che sono stato il solo parlamentare di Forza Italia a partecipare all’assemblea di Parma in cui lui varò la Lega nazionale. Poi all’improvviso ha smesso di lavorare al cantiere centrista che sembrava profilarsi e ha imboccato la scorciatoia della rincorsa del voto di estrema destra. Elettoralmente è stato proficuo, perché al Sud ha recuperato la dorsale organizzativa di Alleanza nazionale. Poi però le cose sono andate diversamente perché ha raggiunto una certa quota e ha aperto il mercato a chi sa parlare meglio a quel mondo, cioè alla Meloni.

La partita al Quirinale è aperta ma molti, da Letta a Renzi, se ne distaccano. Tutta pretattica?

Secondo me Renzi ha già in mente il candidato e l’alleanza con cui eleggerlo. È un tattico ma ha fisso il suo gioco, non media. Berlusconi è invece concavo e convesso e prevede soluzioni triplici a ogni problema. Renzi è un giocatore duro che tiene il punto e ancora una volta proverà a fare il king maker. Prevedo che sarà una partita che lui o vincerà o perderà, ma nella quale in ogni caso si giocherà tutto. Lui ha un candidato votabile dalla sinistra ma non necessariamente votato dalla sinistra. Quindi prevede un’alleanza centrodestra/ Italia viva ma con il candidato che dice lui, cioè Cartabia o Casini.

Il centrodestra dovrebbe votarli?

Dovrebbe portare avanti il candidato che l’ha fondata e la sta ancora oggi guidando, cioè Silvio Berlusconi. E dovrebbe proporlo dall’inizio alla fine della partita, anche perdendo. Posso apprezzare Casini e Cartabia, così come Mattarella e Draghi, ma il discorso è diverso. Se il tema è scegliere una figura che rappresenti tutti, allora questi nomi ci possono stare. Ma siamo ormai all’incrocio finale della seconda Repubblica in cui o ci legittimiamo a vicenda o entriamo nella terza rissosi come eravamo nella prima. Io sto chiedendo ai singoli parlamentari un atto di libertà, rompendo i catenacci della seconda Repubblica, baciando l’odiato Berlusconi e chiudendo così la guerra dei trent’anni tra destra sinistra, tra destra e giudici, tra giudici e Berlusconi.

Una richiesta forte. Come pensa di farla arrivare al traguardo?

Sarebbe un’elezione a tempo, perché Berlusconi potrebbe assumersi l’impegno di dimettersi non appena sarà votata una nuova modalità di elezione del presidente, che sia attraverso il sistema presidenziale o semipresidenziale. Non parliamo di una campagna elettorale ma di un voto di mille elettori ben individuati. A Berlusconi, data la compattezza del centrodestra, mancherebbero poche decine di voti. Per questo faccio un appello a quei grandi elettori che non hanno partito e rispondono alla loro coscienza. Chiedo loro di sottoscrivere un voto a Berlusconi come gesto di pacificazione e di chiusura di una stagione infima della politica italiana, fatta di delegittimazione reciproca.

Di quei grandi elettori senza partito molti sono ex Cinque stelle. Davvero crede che voterebbe Berlusconi al Colle?

Sono convinto che Berlusconi abbia i numeri, premesso che qualcuno li chieda e si intesti la battaglia. Certo non lo farà lui, viste le sue precarie condizioni di salute. Per questo mi chiedo: il centrodestra dov’è?

Come vedrebbe la rielezione di Mattarella, anche questa a tempo come fu quella di Napolitano?

Napolitano aveva severe condizioni di salute, Mattarella è uno splendido ottantenne. Per questo credo che nel caso in cui venga rieletto non si dimetterebbe e anzi completerebbe il mandato, data la sua grande popolarità negli italiani.

C’è poi l’incognita Draghi. Dove lo vede tra qualche anno?

Lo vedo al timone ancora per molto, per fortuna dell’Italia. Poi certo non so se il timone resterà quello di palazzo Chigi o diventerò quello del Quirinale.

Teme che la scelta potrebbe essere influenzata dalla cancellerie straniere, come già accaduto in passato?

Con tutto il rispetto per le cancellerie straniere, su queste scelte conta la coscienza di mille eletti al Parlamento.

Anche nel Pd ci sono diversi candidati papabili per il Quirinale, ma il partito sta vivendo una fase complicata. Come giudica la leadership di Enrico Letta?

Penso che il Pd sia tante cose insieme. Chiunque lo guidi ha la difficoltà di rappresentare una linea unitaria di un partito nato tuttavia con una formula federativa. Anche sul Quirinale non mi aspetto un percorso tranquillo e non vorrei essere nei panni del segretario Letta, il quale peraltro ha un curriculum che fa di lui stesso un candidato rispettabilissimo. Dobbiamo smettere di pensare che persone di parte non possano essere ottimi presidenti super partes.