https://youtu.be/iKrH4CxyPx8 *Servizio video di Nicola Campagnani e Lorenzo Tardioli, collettivo Lorem Ipsum «Cos'è il gender gap? Tutto ciò che manca perché possano esserci equilibrio, pari opportunità, e un’eguaglianza non soltanto formale, ma sostanziale, tra uomo e donna». Nella quarta tappa del suo tour "Oltre il pregiudizio", a Giulianova, Roberto Sensi affronta una delle forme di discriminazione più radicate nella società: quella contro le donne. A parlarcene è la presidente del Consiglio Nazionale Forense, Maria Masi, che pone la cultura, nella sua accezione più ampia, come prima alleata nella battaglia di genere. «Sembrerà strano  - spiega Masi - ma lo strumento più efficace per contrastare le disparità di genere - efficace almeno quanto le azioni concrete adottate nel corso degli anni - è certamente la comunicazione: agire sotto il profilo culturale è un'azione necessaria». Per inquadrare il gender gap sul piano lavorativo e professionale, basta citare qualche dato: a dicembre 2020 le donne occupate erano 9 milioni e mezzo, mentre gli uomini più di 13 milioni, a fronte di una popolazione a maggioranza femminile. Rispetto all’anno scorso, inoltre, si contano 444mila persone occupate in meno, di cui 312mila sono donne: si tratta di un calo del 3,5% per le donne e del 2% per gli uomini.  La pandemia ha quindi aggravato gli storici squilibri di genere del nostro Paese. E le donne, già meno rappresentate nella forza lavoro, sono state le prime a pagare il prezzo della crisi sanitaria, nonostante il calo sia stato frenato dal blocco dei licenziamenti. Per arginare il fenomeno, ha spiegato a più riprese Masi nel corso di questi mesi, bisogna agire con un approccio costruttivo, intervenendo in maniera strutturale sul gap salariale e occupazionale. «Il Recovery è una occasione imperdibile per le donne, a patto che la parità di genere in ambito lavorativo venga interpretata in modo trasversale e declinata in tutte le missioni del piano del governo italiano, altrimenti il rischio è di proseguire nell’emarginazione della figura femminile e inquadrarla unicamente in contesti lavorativi culturalmente e tradizionalmente consoni e consueti», sottolinea la presidente del Cnf. Abbiamo bisogno, cioè, di «una politica inclusiva che non si limiti all’ambito dell’assistenza, ma guardi alla promozione», spiega Masi, per evitare che «in termini di ricostruzione il modello utilizzato sia quello precedente all’emergenza».