Non si smette di combattere nell'Afghanistan dei Talebani. Dopo i colloqui falliti e l'ultimatum di ieri ai ribelli, i mullah tentano l'assalto finale alla Valle del Panshir, l'ultima sacca di resistenza nel nord-est del Paese, a 50 km da Kabul. Le milizie sotto il comando di Ahmad Massoud - figlio del leggendario "Leone del Panshir" Ahmad Shah Massoud, protagonista della resistenza contro i sovietici prima e i sedicenti studenti coranici poi - hanno rifiutato la resa e continuano la loro battaglia. Secondo il dirigente talebano Muhammad Jalal, «decine di postazioni sono state conquistate dai governativi». I mullah sostengono di essere riusciti ad entrare nella provincia, strappando agli insorti il distretto di Shutul, mentre il Fronte nazionale della resistenza afgana smentisce le perdite e parla di 350 nemici uccisi negli ultimi 4 giorni. Notizie ovviamente non verificabili sul terreno. Quel che appare certo è l'inasprirsi dei combattimenti dopo che le trattative per una decentralizzazione del potere tra i vari gruppi etnici sono tramontate e ai ribelli di Massoud si sono aggiunti ex soldati dell'esercito afgano in rotta e membri delle forze speciali, oltre che diverse milizie locali. Alleanze tattiche ora alla prova delle armi, mentre a Kabul si attende il nuovo governo - l'annuncio potrebbe arrivare già domani, dopo la preghiera islamica del venerdì - e il Paese comincia a vivere la nuova realtà dei Talebani, tra timidi segnali di ripartenza, con la Western Union che fa sapere di aver sbloccato le prime rimesse degli emigrati, e una crisi economica sempre più spaventosa, testimoniata dal rapido aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, dal riso alla farina al carburante. Accanto al fronte militare, intanto, i mullah continuano la loro offensiva mediatica e diplomatica per cercare di accreditarsi a livello internazionale. In Qatar proseguono gli incontri con esponenti occidentali, mentre le aperture al dialogo si moltiplicano. «È possibile» che gli Stati Uniti cerchino di coordinarsi con i Talebani per condurre operazioni antiterrorismo contro l'Isis-K e altre frange terroristiche, ha ipotizzato oggi il capo di stato maggiore dell'Esercito Usa, generale Mark Milley. «In guerra devi fare quello che devi per ridurre il rischio, non necessariamente quello che vorresti fare», ha ammesso il comandante americano, sottolineando però che «resta da vedere» se gli studenti coranici siano realmente cambiati. Di una «nuova realtà» con cui fare i conti ha parlato anche il britannico Dominic Raab in visita a Doha, dove un inviato del premier Boris Johnson ha incontrato i rappresentanti del gruppo fondamentalista. Dialogare «direttamente» è necessario, anzitutto per cercare di ottenere garanzie su «un passaggio sicuro» in uscita dall'Afghanistan, ha aggiunto Raab, escludendo tuttavia un riconoscimento diplomatico da parte di Londra «in un futuro prevedibile». E anche l'Europa apre al confronto: «Con i Talebani ci impegneremo in una discussione, ma sulla base di condizioni», ha spiegato l'Alto rappresentante Ue, Josep Borrell. A tenere banco nei colloqui nel Golfo è ancora il futuro dell'aeroporto Hamid Karzai di Kabul, infrastruttura cruciale per assicurare eventuali evacuazioni di civili afgani e stranieri e l'arrivo degli aiuti delle ong. Il Qatar, che già ieri aveva inviato un team tecnico nello scalo per studiare i dettagli della riapertura, si dice pronto a entrare in azione «il più presto possibile», mentre per la Turchia occorre prima sciogliere il nodo della «sicurezza». Per Ankara, ha spiegato il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, la soluzione potrebbe essere l'invio di contractor in modo da ridurre i rischi per i governi stranieri. (ANSA/Cristoforo Spinella)