L'occasione era di quelle rare: i leader dei principali partiti a confronto l'uno di fronte all'altro, sullo stesso palco. Quello della 42esima edizione del Meeting per l'Amicizia tra i popoli di Rimini, dove si battuti il leader della Lega, Matteo Salvini, il segretario del Pd, Enrico Letta, la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani. Presenti anche il presidente di Italia Viva, Ettore Rosato, e quello di Noi con l'Italia, Maurizio Lupi. Il segretario dem ha affrontato diversi temi, a tutto campo. «I vaccini e il green pass sono come il semaforo, vanno rispettati - ha detto il numero uno del Nazareno - a Siena mi candido senza paracadute, se perdo vado a casa». Letta ha poi chiesto a Draghi di «prendere esempio da Ciampi per un grande patto con le parti sociali» e si detto «convinto» che l'alleanza con il Movimento continuerà. Ha poi detto che il Pd presenterà una mozione di sfiducia contro Durigon e ha difeso Lamorgese, definendo «pretestuose» le polemiche politiche nei suoi confronti. Su questo, scontro con Salvini, secondo cui «sono i numeri a giudicare il suo lavoro». Il leader del Carroccio ha spiegato che non rivoterebbe il reddito di cittadinanza, giudicato «inidoneo», ha detto che rifletterà con Durigon sull'opportunità della sua permanenza al governo, si è detto contro l'obbligo vaccinale, a favore della flat tax e ha appoggiato Letta sull'idea di dialogo con i Talebani, respingendola in toto a differenza di quanto affermato da Conte. L'ex presidente del Consiglio è infatti tornato a proporre il dialogo con gli "studenti del Corano" specificando tuttavia che «non significa riconoscere l'Emirato islamico», ha spiegato che il reddito di cittadinanza «va affinato», perché «nessuno vuole la gente in poltrona» e si è dichiarato a favore dell'abolizione dell'Irap, ricevendo su questo il plauso di Italia viva. Contraria al green pass è Giorgia Meloni, secondo la quale «i corridoio umanitari non sono la soluzione per risolvere la crisi afghana». Quello dei profughi è «un grande tema!, ha detto ancora Meloni, ma il fatto che l'Unione europea parli solo di questo «dimostra la sua debolezza», perché «è totalmente assente sulla politica estera». Dialogo impossibile con i Talebani anche per Tajani, che su Durigon e Lamorgese ha detto di «non ergersi a giudice di nessuno» dichiarandosi tuttavia contrario all'impianto del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per quanto riguarda la posizione sulle imprese: «servono una politica industriale e una riforma del fisco, della burocrazia, della giustizia - ha detto - Non serve mettere paletti politici». Infine, Rosato ha parlato della crisi afghana come «da inserire nel contesto del G20» e di Draghi come di «guida autorevole», spiegando che «in questo scorcio di legislatura, con minor ricorso a posizioni ideologiche e maggior capacità di sintesi, anche grazie lautorevole guida di Mario Draghi, si sta lavorando uniti per il bene dellItalia». Di «contrarietà all'obbligo» e di «accoglienza dignitosa per i profughi afghani» ha parlato invece Lupi.