Lo spauracchio di Luca Palamara continua ad agitare il centrodestra. La Lega, senza girarci troppo attorno, sarebbe propensa a candidare l’ex magistrato per le suppletive romane che dovranno riassegnare il collegio di Primavalle, contro il parere degli alleati, fortemente ostili all’ipotesi di imbarcare l’ex capo dell’Anm. Ma se la contrarietà di Fratelli d’Italia, partito di peso nella Capitale e lontano anni luce dalla cultura di Palamara, è più che comprensibile, più faticoso è capire le motivazioni del “No” pronunciato a gran voca da Forza Italia. O meglio, da una parte consistente e rumorosa di quella formazione.

Il profilo dell’ex magistrato, infatti, calzerebbe a pennello per la storica propaganda forzista, tutta incentrata sul complotto giudiziario ordito per trent’anni dalle toghe ai danni di Silvio Berlusconi. È stato proprio Palamara a sollevare il velo sui vizi della magistratura italiana con un libro, Il Sistema, capace di vendere 300 mila copie in pochi mesi. E non sarà un caso che a pubblicare il best seller sia stata Rizzoli, prestigiosissima casa editrice del Gruppo Mondadori, a sua volta controllato dal Gruppo Fininvest. Come non sarà casuale che a scrivere il libro insieme al magistrato radiato sia stato Alessandro Sallusti, attuale direttore di Libero e per undici anni alla guida del Giornale, il quotiano della famiglia Berlusconi. Non sono casualità perché il racconto di Palamara fa parzialmente luce sugli anni dei processi al capo di Forza Italia e conferma le denunce, le tesi persecutorie, che il Cavaliere ha sbandierato in pubblica piazza per decenni. Per questo l’ex ras delle nomine, il “pentito” della magistratura avrebbe tutti i documenti in regola per essere sostenuto dagli azzurri nella sua nuova avventura politica.

Eppure, i forzisti non sembrano affatto convinti. L’idea non piace al coordinatore nazionale Antonio Tajani, ma non entusiama soprattutto l’ala romana del partito rappresentata da Maurizio Gasparri, il più acceso detrattore dell’ex pm. «Forza Italia non appoggerà mai un personaggio come Palamara alle prossime suppletive per il collegio della Camera a Roma e ha fatto bene Antonio Tajani a ribadirlo», ripeteva il senatore fino a pochi giorni fa. Il motivo? «Palamara rappresenta tutto ciò che Forza Italia combatte da anni, protagonista del degrado della magistratura, è stato al centro delle manovre politiche di cui proprio il nostro partito è stato tra le principali vittime», è la sentenza senza appello di Gasparri, prima del colpo di grazia definitivo: «Mai con Palamara e il Parlamento non può essere una discarica per i reietti delle altre categorie». Parole in liberà, quelle di Gasparri, secondo un vecchio forzista come Fabrizio Cicchitto, garantista di formazione, che non rendono giustizia della figura di Palamara.

Perché l’ex pm «ha messo in evidenza l’esistenza di un sistema che ha colpito anche Berlusconi. È semplicemente masochistico che alcuni degli amici di Berlusconi attacchino Palamara invece del Sistema che prima ha colpito Berlusconi e che adesso ha espulso Palamara», spiega Cicchitto, accusando Tajani e Gasparri di non comprendere l’importanza del ruolo dell’ex capo dell’Anm: «È un testimone, svolge un ruolo di testimonianza». E questa testimonianza potrebbe entrare in Parlamento, è il ragionamento di Cicchitto, «Altro che discarica!».

Ma le resistenze di una parte conistente di forzisti non sembrano essere superabili, come si evince dalle parole con cui il deputato Andrea Ruggeri, fino a ieri, continuava a escludere ogni ipotesi di sostegno alla nuova avventura politica dell’ex pm. «Il problema è che non basta un bel libro a cancellare il fatto che Palamara sia stato un convintissimo protagonista del sistema, per me eversivo, della giustizia politica antiberlusconiana occupatasi per anni, sotto la sua regia, di fare la guerra a Silvio Berlusconi per impedirgli di governare l’Italia, e che oggi si pente solo perché beccato e crocifisso dai suoi colleghi di un tempo», scrive Ruggeri, prima di concludere. «Evviva gli incassi del libro, assai bello ( finiti nel bilancio di Rizzoli, ndr); ma “no” al seggio alla Camera nel centrodestra contro cui ha lavorato per anni da magistrato». Ma i tormenti azzurri non sembrano destinati a finire.