Tutto è partito da un tweet di Enrico Costa, deputato di Azione, sulla vicenda di Marco Sorbara, ex consigliere regionale della Valle d’Aosta assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa perché il fatto non sussiste, dopo essere stato per oltre 900 giorni in custodia cautelare. «Sono andati a prenderlo di notte alle 3.15, 45 giorni in isolamento, per 33 non ha visto nessuno. Fiumi di pagine sull’inchiesta. Poche righe dopo l’assoluzione», ha scritto Costa. Nemmeno il tempo di inviare il cinguettio garantista, che arriva una pioggia di commenti a favore e contro Costa, tra i quali tuttavia spicca quello di Antonio Salvati, giudice del lavoro presso il Tribunale di Reggio Calabria, che dopo una discussione con altri utenti scrive: «Io continuo a dirglielo, caro Costa: se soffiate sul fuoco vi scottate pure voi». Ma Costa rincara la dose, chiedendo se è normale che un magistrato, proprio sotto al post garantista in difesa di Sorbara, utilizzi espressioni del genere. Salvati non fa in tempo a rispondere che della sua frase chiede conto anche Carlo Calenda, leader di Azione e candidato sindaco a Roma. Gentile dottor Salvati, in che modo dovremmo “scottarci pure noi” - scrive Calenda - Enrico Costa è un parlamentare che ha commentato un caso di malagiustizia. Mi può spiegare meglio? Perché a una prima occhiata quanto da lei scritto assomiglia a una minaccia. Immagino sia un errore…». E la spiegazione di Salvati, nemmeno a dirlo, non si fa attendere. «Lo spiego in poche parole, e sono certo, stimandola, che sarà tutto chiarito - commenta il magistrato - Io credo che in questo momento, nella nostra comunità Italia, uno dei problemi maggiori sia la totale sfiducia verso le istituzioni e i corpi intermedi: politici, magistrati, giornalisti, avvocati, carabinieri, polizia, insegnanti, professori, persino Chiesa e ONG. Tutti corrotti o corruttibili. A me non piace questo modo di pensare. Non sopporto frasi come “i politici sono tutti corrotti”. Ecco perché mi spiace vedere un parlamentare che si limita, di sicuro in buona fede e con riferimento a un caso gravissimo, ad alimentare sfiducia e malcontento. Il tutto, con ricadute negative che riguardano tutte le istituzioni, parlamento e parlamentari». Un tentativo maldestro di rifugiarsi in calcio d’angolo, con il risultato che, almeno agli occhi di Costa, la toppa è peggiore del buco. «Alimentare sfiducia e malcontento? - chiede il deputato - Si informi sui temi che affronto (con qualche risultato): spese legali assolti, presunzione innocenza, diritto all’oblio, regolamentazione conferenze stampa, ingiusta detenzione, prescrizione, intercettazioni, abuso custodia cautelare». Un botta e risposta alimentato certamente dalla disintermediazione dei social ma che, secondo l’esponente di Azione, denota un certo modo di pensare di alcuni magistrati. «Finché si tratta di opinioni ci intendiamo, se si lanciano slogan come quelli contenuti nelle parole di Salvati allora è tutto più difficile - racconta Costa al Dubbio - I magistrati dispongono di armi non convenzionali, ricordo quando ci furono frasi di un presidente dell’Anm che invitò addirittura alla mobilitazione. Forse bisognerebbe rimanere nell’ambito della critica, che è sempre costruttiva». Nel corso della giornata il magistrato ha poi chiarito la posizione, dando la colpa alla «troppa sintesi», alle «troppe certezze» e alle «troppe idee preconcette» dei social. Ha spiegato di essere garantista «fino alla radice dei capelli» e ritenendo che il concetto di bruciare le istituzioni a forza di soffiare sul fuoco del malcontento civile fosse in realtà una metafora. Parole che, a fine giornata, convincono Costa solo a metà. «Prendo atto dei chiarimenti ma non è accettabile è che si faccia passare la battaglia garantista che conduco assieme a tanti altri esponenti come qualcosa che possa alimentare il malcontento». Alla prossima puntata.