Prende due lauree in carcere con l’obiettivo di cambiare vita, ma per i giudici del tribunale di Sorveglianza di Bologna, il detenuto (con un passato nei "Casalesi"), condannato a 18 anni per associazione mafiosa e sequestro di persona, non merita di lasciare la casa circondariale in cui è rinchiuso perché «la laurea conseguita in carcere e la frequentazione di un master per giurista di impresa si ritiene possano affinare le indiscusse capacità del ricorrente e dunque gli strumenti giuridici a sua disposizione per reiterare condotte illecite in ambito finanziario ed economico».

Ricorso a Strasburgo

La storia, a dir poco allucinante sotto il profilo giuridico, ma soprattutto da un punto di vista sociale e rieducativo, è stata riportata dal Corriere della Sera, in un corsivo a firma di Luigi Ferrarella che, a giusta ragione, critica il provvedimento dei giudici, spiegando che gli avvocati - il professor Giovanni Maria Flick e il legale Francesca Cancellare - faranno ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo.

No ai domiciliari nonostante i problemi di salute

La Dda di Venezia, secondo quanto riportato dal Corsera, aveva dato parere favorevole ad alcuni permessi, stante il distacco dell’imputato dall’organizzazione mafiosa di cui aveva fatto parte. Ma ciò non è bastato per mandarlo ai domiciliari, evidenziando nel ricorso anche i problemi di salute, che non lo rendono compatibile con il sistema carcerario. Insomma, in Italia se un detenuto si laurea per due volte con 110 e lode in Giurisprudenza e Economia e a ciò aggiunge un master per giuristi d’impresa, è considerato, da alcuni giudici, ancora un mafioso pericoloso.