Ha vent’anni e si trova in gravissime condizioni di salute fisica tanto da portare un catetere nonostante la giovane età. Tutto ciò, in aggiunta ai problemi psichici causati dal travaglio giudiziario scaturito in una condanna definitiva. Come se non bastasse, durante il periodo detentivo nel carcere siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, avrebbe ricevuto brutali violenze da parte di altri detenuti, compreso il fatto che l’avrebbero costretto a bere urina. Come mai? È stato condannato per un reato che, nella cultura del mondo carcerario, viene definito “infame”. La sua vicenda, come vedremo, ha avuto un destino drammatico. Una storia davvero “infame” quella di Marco, nome di fantasia per proteggere per ovvie ragioni la sua identità.

L'incubo è iniziato per un video ricevuto in chat da uno sconosciuto

L’anno scorso è stato condannato a sei anni di carcere perché, quando era appena 18enne, tramite una chat per adulti ha ricevuto un video che riproduceva parte intime di una persona a lui sconosciuta. Si scoprii poi, durante le indagini fatte proprio nei confronti dello sconosciuto, per una inchiesta sul videogioco Blue Whale, che si trattava di un 14enne. Quindi un minorenne. Per questo motivo – ribadiamo che all’epoca dei fatti aveva appena compiuto 18 anni -, Marco è stato condannato per il reato di produzione di materiale pedopornografico. Ora ad assisterlo è l’avvocato Fausto Malucchi del foro di Pisa, prima Marco è stato difeso da un legale che non ha fatto nemmeno appello alla sentenza di primo grado.

Il suo difensore: «Giura e spergiura di non essere colpevole»

Il caso è stato portato a conoscenza di Rita Bernardini del Partito Radicale, tanto da constatare che il ragazzo sta veramente male e rischia moltissimo. Il Dubbio ha contattato l’avvocato Malucchi per approfondire la vicenda. «Il mio assistito giura e spergiura di non essere colpevole – racconta l’avvocato Malucchi -, aveva solo diciotto anni quando qualcuno, dal cellulare di sua madre, ma in uso a lui, chatta per circa un’ora con una persona mai vista e conosciuta ed abitante a mille chilometri di distanza. Poi chiude facendosi inviare materiale riproducente il pene dello sconosciuto interlocutore». Qualche anno dopo Marco viene condannato dal Gip Tribunale di Perugia perché quella foto sul suo cellulare l’ha inviata un adolescente di quattordici anni, in barba alle regole che riservavano la chat in questione solo ai maggiorenni.

La condanna è stata definita in due anni e otto mesi di reclusione

Parliamo di una condanna avvenuta il 15 settembre del 2020. La pena base era di sei anni. Sono state concesse le attenuanti generiche arrivando a quattro anni di reclusione ed infine con lo sconto per il rito abbreviato è la condanna è stata definita in due anni e otto mesi di reclusione. Però per quel reato (art. 600 ter c.p., produzione di materiale pedopornografico) non si può chiedere alcuna misura alternativa alla detenzione. Si va subito in prigione, e solo dopo un anno di osservazione in istituto si può richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare e tutte le altre misure.

L'avvocato precedente non ha presentato ricorso in appello

Il fatto drammatico è che l’avvocato precedente non avrebbe comunicato l’esito della sentenza al ragazzo. Non solo. Il legale non è ricorso in appello, e per tale ragione la stessa sentenza è diventata così definitiva. Accade così che il 17 marzo del 2021, Marco viene raggiunto dall’ordine di esecuzione pena e quindi condotto presso l'Istituto Penitenziario calabrese di Vibo Valentia per scontare la pena complessiva di anni due e otto messi. Il reato contestato è ostativo, quindi Marco ha la possibilità di poter accedere alle misure alternative solo dopo un anno di osservazione in carcere. Come spiega l’avvocato Malucchi, il ragazzo è già affetto da diverse patologie, ma fino a quel momento estraneo ad ogni esperienza di carattere penale. Marco manifestava fin da subito un preoccupante disagio associato a un rapido peggioramento delle sue condizioni generali di salute. In particolare, non accettava il fatto di non aver svolto alcuna attività difensiva poiché ciò gli era stato consigliato dal legale precedente il quale lo aveva sempre rassicurato. Ma così non è stato.

Il ragazzo ha un malessere psichico tanto da lasciarsi andare, auto isolarsi

Come emerge dalle letture del diario clinico, il ragazzo è precipitato in una spirale di malessere psichico tanto da lasciarsi andare, auto isolarsi e attuare scioperi della fame e della sete. Azioni che gli hanno peggiorato il quadro di salute fisica già in precedenza precaria. Per far fronte a queste crisi, dal carcere di Vibo Valentia lo hanno mandato per un mese a quello di Barcellona Pozzo di Gotto. Ex Opg, con sezioni adibite alle terapie psichiatriche. Da poco è ritornato al carcere calabrese e ha reso noto all’avvocato che, nel carcere siciliano, sarebbe stato picchiato e bullizzato da altri detenuti, perfino costretto a bere urine, fino a rendersi necessario il suo isolamento.Il reato, ricordiamo, è stato commesso nel 2017. Al di là della vicenda in sé che desta molti punti interrogativi su come andarono effettivamente i fatti (ha commesso davvero il reato contestato?), fin da quella fatidica data in poi, Marco ha avuto una condotta di vita ineccepibile. Come ha ben spiegato l’avvocato Malucchi, il ragazzo ha supportato le modeste condizioni economiche della famiglia di cui fa parte con lo svolgimento di occasionali lavori e soprattutto iscrivendosi al Corso di Laurea in Mediazione Linguistica con specializzazione in Criminologia ed Intelligence che si tiene nella città di Vibo Valentia.

È stata presentata una domanda di grazia al presidente della Repubblica

Recentemente è stata presentata una domanda di grazia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella con richiesta al magistrato di Sorveglianza di differimento facoltativo della pena. Ma la procedura ha le sue regole e il magistrato ora è in ferie. Riportiamo alcuni passaggi della richiesta della grazia, istanza a firma dell’avvocato Malucchi. La carcerazione del ragazzo «frutto esclusivo di un processo caratterizzato dall’assenza di difesa – si legge nella richiesta -, ha destato sconcerto e sconforto tra i docenti che hanno avuto modo di valutare la sua personalità e le sue doti in questi anni di studi e di impegno. E la loro incredulità si è trasfusa in un’importante deliberazione con la quale non hanno protetto un criminale ma hanno espresso un qualificato parere su una persona con cui hanno quotidianamente condiviso giornate di studio e di lavoro, proprio nella ricerca e nell’attuazione dei mezzi più importanti per il contrasto al crimine». Prosegue l’istanza: «In ultimo resta da evidenziare le gravi condizioni di scadimento psicofisico che oggi caratterizzano (…). Condizioni sicuramente conseguenti alla sua carcerazione e soprattutto all’impossibilità di metabolizzare una condanna per un reato in ordine al quale gli è stato prima “consigliato” di non difendersi e successivamente gli è stata preclusa l’impugnazione non avendogli comunicato l’esito della catastrofica sentenza di primo grado». E conclude: «Anche il suo stato di salute, compromesso gravemente da una sentenza ingiusta, denota l’inumana afflittività di una pena, priva di effettivo senso giuridico, oggi in esecuzione nei confronti di (…) e che si chiede venga mitigata mediate l’accoglimento del provvedimento di clemenza in oggetto».