Nel procedimento disciplinare a carico di Luca Palamara davanti al Csm, Piercamillo Davigo e Fulvio Gigliotti si sarebbero macchiati di un «pregiudizio palese», venuto fuori in maniera prepotente «anche in sede di ammissione delle prove a discarico», escludendo la testimonianza di Stefano Fava, richiesta dall’ex capo dell’Anm. È quanto si evince dall’esposto presentato contro l’ex pm Davigo e il laico Gigliotti, ai quali Palamara contesta la violazione dolosa e preordinata dell’obbligo di astensione nel procedimento a suo carico e l’induzione in errore degli altri componenti della commissione disciplinare.

Sia Davigo sia Gigliotti - che di quel collegio disciplinare era presidente - erano stati inseriti dall’ex pm nella lista dei testi a discarico. Palamara scelse di chiamare l’ex pm di Mani Pulite a testimoniare in quanto messo a conoscenza da Fava, all’epoca in forza alla procura di Roma, dell’esposto depositato contro l’allora capo dell’ufficio Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo. L'esposto riguardava la mancata astensione dei due vertici della procura capitolina nel procedimento penale a carico dell’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara, a causa dei rapporti intrattenuti da quest’ultimo con i fratelli dei due magistrati. Indagando su Amara, Fava si era convinto che l’ex avvocato non stesse dicendo tutta la verità, chiedendo il suo arresto per l’ipotesi di bancarotta. Pignatone e Ielo, però, si opposero e a marzo 2019 il fascicolo venne sottratto a Fava. Da qui il suo esposto a Palazzo dei Marescialli, considerato, però, strumentale alla delegittimazione di Pignatone e Ielo, ordita da Fava per conto di Palamara, che così si sarebbe vendicato dei due colleghi. Sia all’udienza disciplinare del 28 luglio 2020 sia nel corso delle dichiarazioni rese a Perugia il successivo 19 ottobre, Davigo negò di aver mai parlato con Fava dell’esposto da lui presentato, circostanza smentita, però, dal suo ex amico Sebastiano Ardita, anche lui consigliere del Csm, che il 3 novembre, davanti ai pm, affermò di aver partecipato ad un pranzo con Davigo e Fava nel quale si era parlato delle tensioni negli uffici giudiziari di Roma.

Ma le dichiarazioni di Davigo, che secondo Palamara «avevano indotto la sezione disciplinare a rigettare l’istanza di ricusazione», sarebbero state ulteriormente smentite da un’altra vicenda, quella relativa ai verbali consegnati all’ex pm di Mani Pulite ad aprile 2020 da Paolo Storari, che oggi sarà giudicato per questo dalla sezione disciplinare del Csm. In quei verbali Amara, stesso protagonista della vicenda Fava, ha rivelato l’esistenza della cosiddetta “Loggia Ungheria”, indicando tra i suoi esponenti anche Ardita. Dichiarazioni alle quali Storari, secondo quanto emerso dalle audizioni davanti alla prima Commissione del Csm, non avrebbe creduto, al punto da preparare, a febbraio 2021, una bozza di richiesta di misure cautelari a carico di Amara, Vincenzo Armanna ( grande accusatore di Eni, ritenuto non credibile dal collegio giudicante) e Giuseppe Calafiore, con l’accusa di calunnia. Ma quella richiesta non fu controfirmata dai vertici della procura di Milano in quanto, secondo la tesi sostenuta da Storari davanti ai pm di Brescia, la credibilità di Amara e Armanna andava preservata per non far crollare il processo Eni- Nigeria.

Quei verbali erano dunque arrivati nelle mani di Davigo mesi prima che il procedimento a carico di Palamara si avviasse. E del loro contenuto l’ex pm di Mani Pulite aveva informato anche Gigliotti, così come dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera. «A Giuseppe Gigliotti, laico indicato dai 5 Stelle, lo dissi e gli mostrai i verbali - ha detto Davigo - perché si trovava a presiedere la sezione disciplinare del Csm e li stavano due dei magistrati additati da Amara». Secondo Palamara, dunque, Gigliotti avrebbe potuto utilizzare, nel giudicare il suo caso, «una sua personale scienza privata rispetto a quello che doveva essere il materiale utilizzabile ai fini della decisione». E ciò in quanto il contenuto dell’esposto di Fava, oggetto delle accuse mosse a Palamara, riguardavano proprio Amara. Ora, a convincere l’ex capo dell’Anm di una «preordinata violazione dell’obbligo di astensione» c’è anche la scelta di Gigliotti, assieme ad altri cinque componenti della sezione disciplinare, di astenersi dal giudizio contro Storari. Una diversità di trattamento sulla quale Palamara ha deciso di andare a fondo.