Ma cosa penserà Mattarella del Csm che ha appena espresso contrarietà alle linee-guida della riforma Cartabia? Cosa ne penserà chi svolge tra l’altro la funzione di presidente del Csm, e oltretutto notoriamente nutre stima e pratica il dialogo con l’attuale Guardasigilli, sin da quando sedevano nel medesimo Collegio di giudici costituzionali?

La domanda sorge per cosi dire spontanea, esattamente come parte non piccola della pubblica opinione si attendeva un monito dal presidente del Consiglio che stigmatizzasse i no- vax che si annidano e fan proselitismo antivaccinale proprio dai banchi del governo. Ma nel caso del Quirinale tutto è più complesso, per il ruolo di equilibrio istituzionale insito in quella funzione, oltre che per la delicatezza della materia. In poche parole, se è possibile e anzi altamente probabile che Sergio Mattarella faccia comprendere il suo pensiero circa l’indifferibilità di una riforma della giustizia cui del resto l’Europa ha condizionato l’erogazione dei vitali fondi Recovery, non ci si può invece attendere una esplicita presa di posizione a caldo.

Soprattutto, non su un pronunciamento di una Commissione dell’organo di autogoverno della magistratura. L’occasione per capire - o meglio: provare a decifrare - gli orientamenti del Quirinale è del resto dietro l’angolo: mercoledì prossimo è in agenda la “cerimonia del Ventaglio”, l’annuale incontro con i rappresentanti dell’Associazione Stampa Parlamentare. Si tratta di uno dei due discorsi eminentemente e strettamente politici che il Capo dello Stato rivolge alla nazione e alla comunità delle istituzioni e dei partiti. Il motivo per il quale non è prevedibile - e nemmeno auspicabile che il Quirinale commenti, nemmeno in via informale, un pronunciamento del Csm risiede nel fatto che il capo dello Stato ha anche la funzione di presidente del Csm proprio perché fossero garantite al massimo livello possibile l’indipendenza e l’autonomia ( che non son sinonimi) della magistratura dagli altri poteri, e cioè dal Parlamento e dal Governo.

Sergio Mattarella dunque, anche nei panni di presidente del Csm, svolge un ruolo ed adempie un dovere cardine dell’alta carica che ricopre: punto di equilibrio tra i poteri istituzionali. E, d’altro canto, non solo la “bocciatura” della riforma Cartabia è stata l’altro giorno operata non dal plenum del Csm ( che il Capo dello Stato presiede, quando non delega a farlo il suo vice), ma è stata espressa per 4 voti su 6 dalla Sesta Commissione. Quella che ha come materie di competenza il contrasto alle organizzazioni mafiose e terroristiche, e che ha evidentemente raccolto e fatte proprie le obiezioni sollevate solo ventiquattr’ore prima - in audizione parlamentare- dal procuratore nazionale Antimafia e dal procuratore in prima linea contro la ‘ndrangheta.

Se si considera poi che tra le funzioni costituzionalmente attribuite al Csm vi è proprio l’esprimere pareri sui disegni di legge governativi che riguardano l’amministrazione e io funzionamento della giustizia, è facile comprendere che quel pronunciamento della Sesta commissione, visto dal Quirinale, è solo una delle molteplici crune d’ago dalle quali la riforma Cartabia dovrà passare. E forse, si valuta dal Colle, dati i rapporti di forza in Parlamento dove il partito di maggioranza relativa è notoriamente sugli spalti, nemmeno la più perigliosa.