«Le immagini e lo scambio di messaggi tra gli indagati denunciano non un momento di follia, ma un sistema collaudato di violenza con un suo nome in codice, la complicità e la connivenza di funzionari di ogni ordine e grado, la consapevolezza della gravità dei fatti, il tentativo di cancellare le tracce, la determinazione nel depistare le indagini, la rabbia nel non esserci riusciti. Come è possibile che a seguito di tutto ciò il Dap e il Ministero non siano intervenuti per più di un anno? Come è possibile che i principali responsabili siano rimasti al loro posto per tutto questo tempo? Gli avvisi di garanzia dell11 giugno 2020 avrebbero dovuto consigliare, in via cautelativa, almeno il trasferimento degli indagati, che così hanno avuto la possibilità di fare pressione sui detenuti e indirettamente sui loro familiari per ritirare le denunce. Come si può far stare vittime e carnefici a convivere nella stessa comunità?», così il senatore Pietro Grasso (Leu) in risposta allinformativa della Ministra per la Giustizia, Marta Cartabia. Conclude Grasso: «Dispiace, al di là del cambio di Governo e di ministro, che nulla sia accaduto prima dellintervento della magistratura: avremmo tutti preferito che fossero lAmministrazione Penitenziaria e il ministero a muoversi in anticipo e in autonomia, non con una gestione burocratica di relazioni evidentemente non corrispondenti alla realtà, che hanno portato il suo predecessore a parlare di "una doverosa azione di ripristino della legalità". Per il rispetto che abbiamo della Legge, per lamore che nutriamo verso i principi costituzionali, non possiamo derubricare tutto questo a un episodio, non possiamo cavarcela con la retorica delle mele marce. Siamo ancora in tempo però per intervenire, con forza. Le chiediamo di prendere i provvedimenti annunciati, giusti e severi, come previsto dalle norme e, nel contempo, di accelerare i concorsi, aumentare il numero degli agenti di Polizia penitenziaria e degli altri operatori e di migliorarne la formazione».