Ci ha tenuto sulle spine per giorni ma alla fine Matteo Renzi ha deciso: domani mattina metterà la sua firma ai sei quesiti sulla giustizia promossi da Lega e Radicali. Certo non per strizzare locchio allaltro Matteo, ci tiene a precisare lex premier: «Quando penso ai referendum non penso a Salvini ma ad Enzo Tortora». Unaltra uscita in grande stile che si somma al tour di stoccate lanciate qui e lì dal leader di Italia Viva per promuovere il suo ultimo libro Controcorrente. Ché una cosa va detta. Dal cilindro di Renzi non si sa mai che verrà fuori, ma di certo cè che i suoi coniglietti lasciano sempre limpronta. Questa volta lappiglio al simbolo della malagiustizia non serve solo a giustificare ladesione alla battaglia leghista dopo una meditata riserva - «ci stiamo pensando», aveva annunciato nei giorni scorsi. Il nome di Tortora porta il senatore di Rignano dritto al punto: «È una guerra che dura da 30 anni quella tra magistratura e politica, da Tangentopoli ad oggi», dice Renzi, anche se «bisogna prendere atto che la questione giudiziaria nasce prima del 1992, Enzo Tortora è precedente». E se le macerie della Prima Repubblica non bastassero a certificare il potere delle procure, lex premier - di nuovo indagato a Firenze (e a Roma) - è pronto a mostrare la sua «collezione di avvisi di garanzia». Fa per scherzare, è chiaro, ma con le «cicatrici sull'anima». «Da boy-scout di provincia mi hanno fatto diventare un gangster internazionale», lamenta infatti Renzi. Che dopo lennesima bastonata allex guardasigilli Bonafede - «un dj più che un ministro» - dà fondo al suo humor: «Tra le varie vicende quella che più mi fa arrabbiare è quella di Open: è lo stesso procuratore che ha arrestato i miei genitori, portato a processo mio cognato, indagato me, manca la mia nonna che ha 101 anni».