Due anni fa, il presidente Nicola Morra, ha deciso di desecretare tutti i documenti della Commissione Antimafia dal 1963 al 2001. Parliamo, in particolar modo, delle audizioni di Borsellino e Falcone. Ma quelli del giudice ucciso a Capaci si ferma a quello del 1988. Manca all’appello, però, quello del 1990. In quell'audizione Falcone potrebbe aver detto qualcosa anche sull'omicidio Mattarella Come mai? Eppure, l’audizione del 1990 è di vitale importanza visto che Falcone potrebbe anche aver detto qualcosa sugli sviluppi dell’omicidio Mattarella dal momento che nell’88, quando fu ascoltato anche per quello, l’indagine era ancora in fase embrionale. Potrebbe aver detto qualcosa in più rispetto alla sua ipotesi iniziale, e ancora da vagliare, che aveva sugli esecutori dell’omicidio e la causale? Lettera aperta del coordinatore nazionale dei Familiari Vittime di mafia  Forse Falcone ha detto qualcosa di importante sulla indagine dei Ros che era in corso su mafia- appalti? Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei Familiari Vittime di mafia dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”, ha scritto una accorata lettera aperta rivolta al presidente Morra. «Per quale ignota ragione, dunque, non si è ritenuto di dover rendere pubblici i contenuti dell’audizione del Giudice Giovanni Falcone in Commissione Antimafia nel giugno del 1990?», chiede Cimminisi al presidente della commissione antimafia. «Sono qui a chiederLe di mantenere l’impegno che si è assunto nel desecretare tutti gli atti» «Sig. Presidente – prosegue il coordinatore dell’associazione -, a nome mio e dei familiari di vittime di mafia che rappresento nell’associazione della quale mi onoro di far parte, sono qui a chiederLe di mantenere l’impegno che si è assunto nel desecretare tutti gli atti, e ripeto tutti (in particolare quelli relativi all’audizione del Dott. Falcone nel 1990) perché ci sia data la possibilità di presentarci a testa alta nel corso di giornate commemorative ed altri eventi contro la mafia, senza doverci vergognare per avere con il nostro silenzio avallato un percorso di omertà (legge che non appartiene e non può appartenere allo Stato, ma a ben altre organizzazioni) che rischia di vedere messe in discussione la dignità e la fiducia nelle Istituzioni». La Gip di Caltanissetta scrive: « nella primavera del 1990, delle rilevanti dichiarazioni innanzi alla Commissione Antimafia» Sappiamo, grazie alla ricostruzione analitica fatta dalla compianta Gip di Caltanissetta Gilda Loforti, che l’indagine dei Ros che poi scaturì con il deposito del dossier mafia-appalti a febbraio del 1991, era seguita passo dopo passo da Giovanni Falcone. Era, di fatto, costantemente aggiornato (lui e altri colleghi della procura di Palermo) tramite informative precedenti al deposito del dossier. La dottoressa Loforti, nell’ordinanza di archiviazione del 2000, scrive testuali parole: «E forse proprio la conoscenza di tali dati - o anche le ulteriori informazioni fornite, come si è già avuto modo di illustrare, per le vie brevi dal De Donno - ha indotto il compianto dott. Falcone ad effettuare, nella primavera del 1990, delle rilevanti dichiarazioni innanzi alla Commissione Antimafia riferendo di “una centrale unica degli appalti”, con valenza sull’intero territorio nazionale». L'appello al presidente della Commissione Antimafia di dare luce alle parole di Falcone Altro che indagine locale o regionale. Falcone, nel 1990, ha fatto dunque rilevanti dichiarazioni. Come mai non è dato conoscerne il contenuto? Ci si augura, ma sicuramente non sarà così, che non sia stato fatto per gli stessi motivi del Csm quando non desecretò, o rese pubblici (ancora, di fatto, non lo sono nel sito), i verbali di audizione del 30 luglio 1992 dove ci sono testimonianze dirompenti da parte di diversi magistrati dell’allora procura di Palermo. Testimonianze che aggiungono tasselli importanti per la ricostruzione della verità sulla strage di Via D’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta. Il coordinatore nazionale dei Familiari Vittime di mafia, nella lettera rivolta a Morra, scrive che «dopo aver appreso in merito al mantenimento del segreto da parte del Csm degli atti relativi ai Giudici Falcone e Borsellino, e non per ragioni di sicurezza dello Stato, ma a dire del Dott. Palamara, per non mettere in discussione gli equilibri che governavano il mondo interno della magistratura», non può «sopportare l’idea che le Istituzioni possano essersi piegate al giogo di quelle aberrazioni morali che sacrificano la verità e la storia dei nostri Eroi sull’altare del compromesso e degli equilibri politico-istituzionali che hanno governato un mondo che non era quello in cui credevano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino». Il presidente della commissione nazionale antimafia Nicola Morra è del M5s, il suo cavallo di battaglia è anche la trasparenza. Siamo sicuri che accoglierà l’invito di rendere pubblico quel verbale di Falcone del 1990. Non poteva sapere della sua esistenza. Ora però lo sa. Basta fare un piccolo, ma rivoluzionario gesto. Quello di aprire il cassetto e dare luce alle parole di Falcone.