«Sciogliete lAnm (come Mussolini) oppure lasciate che faccia politica». Questa lefficace sintesi nel titolo dellarticolo del direttore Varì del 22 giugno, che pone la questione in termini chiarissimi: «È ingenuo pensare che il potere giudiziario e la gestione della giurisdizione possano prescindere dal contesto politico in cui sono immersi». Non è questione nuova, infatti. In Italia lassociazionismo dei magistrati ha una lunga storia poiché risale al 1909 la fondazione dellAgmi, Associazione generale fra i magistrati italiani. Nello statuto provvisorio dellAgmi si proclama: «È escluso ogni carattere e fine politico». Ma il Ministro della giustizia dellepoca, Vittorio Emanuele Orlando, non vede di buon occhio liniziativa e in una intervista propone, con preveggenza, il tema della politicizzazione: «Una delle funzioni essenziali del fenomeno associativo sta nella combattività delle associazioni stesse...Sotto questo aspetto, ella già intende come sia indifferente la considerazione che una eventuale associazione fra magistrati si dichiari (e come potrebbe essere diversamente?!) apolitica. Lasciamo anche stare che tutte le associazioni fra funzionari cominciano col porre detta affermazione, ma poi nella loro effettiva attività difficilmente vi si mantengono fedeli». Ieri una acuta analisi di un grande giurista. Oggi una argomentata posizione critica espressa dal Presidente dellAnm sui referendum provoca reazioni scomposte. Lonorevole Salvini e il partito Radicale invocano nientemeno che lintervento del Presidente della Repubblica a difesa della Costituzione, dimenticandone due fondamentali principi: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art. 21); i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale (art. 18). Altri politici ed ex politici hanno invocato direttamente lo scioglimento dellAnm. Lassociazionismo dei magistrati non solo si fonda su un diritto fondamentale di libertà dei magistrati, ma è stato anche incoraggiato come elemento di crescita della coscienza professionale già in un testo adottato a livello Onu nel 1985. Da ultimo il 6 novembre 2020 è stato pubblicato il parere n. 23 (2020) del CCJE, Consiglio Consultivo dei Giudici Europei, su Il ruolo delle associazioni dei magistrati a sostegno dellindipendenza della giustizia che indica come obbiettivi dellassociazionismo il «promuovere e difendere lindipendenza dei giudici e lo Stato di diritto e proteggere statuto e condizioni adeguate di lavoro dei giudici» (il testo integrale in versione italiana è pubblicato online su Questione giustizia il 27 novembre 2020).A parte il profilo più strettamente sindacale sulle condizioni di lavoro, la difesa dellindipendenza e soprattutto la promozione dello Stato di diritto proiettano lazione associativa a pieno titolo nella politica, certo la politica della giustizia.Dopo la caduta del muro di Berlino con riferimento ai Paesi dellEuropa dellest e come reazione alle associazioni ufficiali, di regime dei magistrati, si è molto insistito da parte del Consiglio dEuropa sul concetto di libere associazioni, aprendo la strada ad una molteplicità di associazioni nellambito di uno stesso Paese e dunque al pluralismo ideologico. In molti paesi, Francia, Spagna, Belgio, Polonia e Germania, da anni sono attive diverse associazioni di magistrati. E non è un caso che lirrigidimento autoritario che vi è stato in Polonia e in Ungheria ha provocato interventi limitativi delle libere associazioni di magistrati. La peculiarità italiana non è lesistenza di una pluralità di associazioni di magistrati, le cosiddette correnti, ma il fatto che lItalia sia oggi uno dei pochi paesi in Europa ad avere unAssociazione nazionale di magistrati, che in sostanza è una federazione di diverse associazioni. I referendum sulla giustizia (o meglio alcuni) pongono questioni rilevanti sul sistema giudiziario del nostro paese e in una sana democrazia si deve auspicare che il dibattito si misuri anche con le osservazioni dellAnm. Osservazioni di merito e non contrapposizione politica tout court. LAnm rivendicò di aver osservato questo confine nella Relazione di apertura al Congresso Nazionale di Venezia del 2004, nel momento della più forte critica alla riforma Castelli e forse fu proprio questo rigore che valse alle posizioni dellAnm un ampio consenso tra i giuristi. Ora il presidente Santalucia propone «una ferma reazione» a fronte di una situazione nella quale «rischia di prendere quota la propensione a valutare in termini di inadeguata timidezza, se non di inaccettabile gattopardismo, latteggiamento riformatore che non mostra i muscoli del radicalismo ideologizzante, che non si fa percepire come disposto ad abbattere vecchi steccati, che poi il più delle volte sono presidi di diretta connessione costituzionale». Il giuridichese non è dei più scorrevoli, ma il senso è chiaro: il dibattito in corso su riforme delicate e importanti, che devono maturare sulla sintesi tra posizioni legittimamente diverse, richiede dialogo e confronto, anziché contrapposizioni frontali. Credo sia interesse generale che anche lAnm si esprima approfonditamente sui contenuti. È anzitutto necessario un contributo di informazione sui singoli quesiti, alcuni di ben difficile lettura nella formulazione e nel risultato che si vorrebbe raggiungere. Il quesito presentato come Stop alla legge Severino potrebbe portare alla caduta di ogni preclusione per la eleggibilità anche di condannati definitivi per gravi reati. Scelta tutta politica sulla quale una associazione di magistrati non ha titolo per intervenire, ma ha titolo per chiarire le conseguenze. È apparentemente semplice e suggestivo nella presentazione quello sulla carcerazione preventiva: il carcere come extrema ratio. Ma occorre siano chiare le conseguenze dellabrogazione di poche righe dellarticolo 274 del codice di procedura penale, se vi è solo il concreto e attuale pericolo che questi commetta delitti della stessa specie di quello per cui si procede non sarà più consentita la custodia cautelare dellindagato, in carcere e neppure agli arresti domiciliari. Pensiamo allarresto in flagranza di un soggetto con diversi precedenti specifici e con non poche probabilità che prosegua nella sua attività criminosa. Il Gip convalida larresto e dispone limmediata scarcerazione, non essendovi questioni di inquinamento delle prove o di pericolo di fuga per un soggetto che non avrebbe la possibilità e nemmeno la convenienza di darsi alla latitanza. Il popolo sovrano deciderà, ma deve essere chiaro su che cosa decide. E poi sistema elettorale del Csm, separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati, ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari. Tutte questioni di politica giudiziaria, e in un mondo razionale sarebbe auspicabile avere tante voci e tra queste anche quella dellAnm. Altro che attentato alla Costituzione.