Che effetti ha avuto la sentenza dello scorso marzo della Corte di Giustizia europea sulle richieste di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico dei soggetti sottoposti ad indagine? Una prima risposta è contenuta nella recente ordinanza depositata il 9 giugno dal gip del Tribunale di Tivoli, Chiara Miraglia.

In attesa di interventi del legislatore nazionale, si devono continuare ad applicare le norme attualmente previste che fissano la competenza al pm e non al giudice. Il pm è già una autorità "indipendente". Nessuna svolta “garantista” come era stato auspicato da più parti. La Corte europea, come si ricorderà, aveva affermato il principio secondo cui la direttiva 2002/ 58/ CE del Parlamento europeo sul trattamento dei dati personali doveva essere interpretata in senso ostativo ad una normativa nazionale che avesse consentito l’accesso delle autorità ai dati relativi al traffico per finalità di accertamento dei reati, senza che tale accesso fosse circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro «forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica».

«L’impostazione della Corte  – si legge nel provvedimento del gip del Tribunale di Tivoli – deve essere confrontata con l’assetto normativo attualmente delineatosi nel nostro ordinamento e, in particolare, con il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui, in tema di acquisizione dei dati contenuti nei cd. tabulati telefonici, la disciplina italiana di conservazione dei dati di cui all’art. 132 d. lgs. 196/ 2003 deve ritenersi compatibile con le direttive in tema di privacy, e ciò poiché la deroga stabilita dalla norma alla riservatezza delle comunicazioni è prevista dall’art. 132 cit. per un periodo di tempo limitato, ha come esclusivo obiettivo l’accertamento e la repressione dei reati ed è subordinata alla emissione di un provvedimento di un'autorità giurisdizionale indipendente ( come è in Italia il pm)».

«Vi è, dunque, un contrasto – prosegue il gip – tra la Corte di Cassazione e la Corte Edu in ordine alla compatibilità dell’art. 132 d. lgs. 196/ 2003 con la Direttiva 2002/ 58/ CE, almeno laddove tale norma nazionale prevede la competenza del pm ad autorizzare ( con “decreto motivato”) l’acquisizione dei tabulati telefonici».

Pertanto, se, da un lato, «è indubitabile che debba attribuirsi ai principi espressi nelle sentenze Corte Edu il valore fondante del diritto comunitario con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità», dall’altro, «l’attività interpretativa del significato e dei limiti di applicazione delle norme comunitarie, operata nelle sentenze Corte Edu, può avere efficacia immediata e diretta nel nostro ordinamento limitatamente alle ipotesi in cui non residuino, negli istituti giuridici regolati, concreti problemi applicativi e correlati profili di discrezionalità che richiedano l’intervento del legislatore nazionale, tanto più laddove si tratti di interpretazioni di norme contenute in direttive».

«L’interpretazione proposta dalla Corte Edu – prosegue allora l’ordinanza – appare generica nell’individuazione dei casi nei quali i dati di traffico telematico e telefonico possono essere acquisiti (“lotta contro le forme gravi di criminalità” o “prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”), essendo evidente che tali aspetti non possono essere disciplinati da singole ( e potenzialmente contrastanti) decisioni giurisprudenziali, dovendosi demandare al legislatore nazionale il compito di trasfondere i principi interpretativi delineati dalla Corte in una legge dello Stato che provveda ad individuare l’autorità competente a decidere». «Per tali ragioni – conclude quindi il gip – deve ritenersi che la sentenza della Corte Edu non possa trovare immediata e diretta applicazione nel procedimento in esame, con la conseguenza che, in attesa di un intervento del legislatore, deve ritenersi applicabile l’art. 132 d. lgs. 196/ 2003, dovendosi dare continuità all’orientamento giurisprudenziale ormai consolidatosi e prima richiamato».